Il ‘‘Decreto
Fare’’ (d.l. nr. 69/2013) ha reintrodotto
‘‘l’obbligo di
mediazione’’.
Breve analisi delle nuove norme
Con la pubblicazione del cd. ‘‘Decreto Fare’’ (d.l.
nr. 69/2013), nella G.U. del 20.08.2013, è stato reintrodotto ‘‘l’obbligo di
Mediazione’’ – per determinate materie.
Si riportano di seguito i passaggi più significativi
del Decreto in quaestio:
‘‘Mediazione: … accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche
con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa’’ (ex Capo I,
art. 1);
‘‘(la)
Mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale …’’ (ex Capo
II, art. 5, comma 1bis);
‘‘… le
parti devono partecipare con l’assistenza dell’Avvocato’’ (ex Capo II, art. 8,
comma 1);
‘‘… l’accordo
che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi Avvocati costituisce
titolo esecutivo … . Gli Avvocati attestano e certificano la conformità
dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico’’ (ex Capo II, art.
12, comma 1);
‘‘gli
Avvocati iscritti all’Albo sono di diritto mediatori …’’ (ex Capo III, art. 16
comma 4bis).
Ebbene, le disposizioni testè citate non fanno altro
che ‘‘porre in luce’’ o meglio ‘‘porre in pratica’’ un nuovo concetto di
giustizia.
Più specificatamente, l’istituto giuridico della
mediazione – così come strutturato – pare voglia ‘‘ampliare’’ la propria
direzione, andando a ‘‘soddisfare’’ e dunque ‘‘garantire’’ ai cittadini un
concetto esteso di tutela.
Dalle neo-disposizioni, infatti, emerge un nuovo
ruolo dell’accordo (tra le parti), il quale non detiene più l’unica funzione di
raggiungere una ‘‘soluzione partecipata e condivisa’’ (in qualche modo, libera
ed autodeterminata) alla lite ma si fa garante di una ‘‘valutazione
tecnico-giusta’’ del caso controverso già in fase pre-processuale – ovvero
nella fase propedeutica o alternativa al giudizio (rispettivamente, in base al
risultato negativo o positivo della Mediazione stessa).
A tal preciso riguardo, diviene fondamentale ‘‘la
professionalità’’, ‘‘la validità’’ degli operatori giuridici
(obbligatoriamente) preposti, ovvero degli Avvocati – detentori di quella
giusta preparazione che solo un esperto di diritto può avere.
Questi ultimi, infatti, sono chiamati ad
‘‘assistere’’ al meglio il proprio cliente già (!) nella fase pre-processuale –
consigliando la parte sulla scelta della migliore, giusta soluzione.
Il legale è chiamato dunque:
sia
all’analisi-tecnica della vis contenziosa;
sia a
trovare un equilibrio nella formulazione dell’accordo, in modo che quest’ultimo
divenga un appropriato strumento giuridico (conforme alle norme imperative e
all’ordine pubblico).
Insomma, pare si sia giunti al tanto auspicato,
necessario coordinamento tra l’attività svolta avanti al mediatore e quella che
ha luogo, eventualmente, avanti al giudice – soprattutto in termini di
operatori preposti e di diritto positivo.
La nuova mediazione, così come disposta, pare non
voglia essere più ‘‘un iter a vuoto’’, o ‘‘un mero tentativo di pace’’, ma
intende accogliere un preciso e puntuale fine: garantire alle parti – già in
fase pre-processuale – una <<giusta>>, tecnicavalutazione della
propria posizione giuridica.
Pertanto, rispetto a chi oggi si interroga sul ruolo
della mediazione – domandandosi ‘‘qual è il senso di rendere obbligatorio l’uso
della mediazione?’’
Si può provare a rispondere dicendo che la mediazione
non è più una mera parentesi ibrida ma è già diritto positivo/obbligo e dunque
è già giustizia.
Giovanna Cuccui (da
leggioggi.it del 27.9.2013)