lunedì 7 gennaio 2013

Sentenze "bestiali"

 
Qualche volta i magistrati della suprema corte italiana danno la stura alla loro fantasia italica e ci ammanniscono sentenze che sarebbero veramente ridicole se non fossero poi un punto saldo nelle aule di tribunale.

Pochi anni fa la Cassazione espresse il parere che, se una donna porta i jeans non può subire violenza. Ci deve per forza essere una compartecipazione sul piano affettivo sessuale da parte della ragazza che, quel giorno, ha deciso per l'abbigliamento casual. In caso di violenza molto meglio dunque portare una minigonna di Krizia. Se non altro i magistrati avranno il compito facilitato. Un’altra perla di poco tempo fa è la seguente. Chiamata a giudicare un uomo che aveva rotto la porta di una legnaia per liberare due gatti intrappolati da giorni, ha così sentenziato.

“L’animale domestico che si trova in stato di necessità non ha gli stessi diritti delle persone”. Se il salvataggio avesse come destinatario una persona, il comportamento allora sarebbe lecito. La porta della legnaia era di un vicino e chi ha salvato i due mici è stato condannato in terzo grado per avere danneggiato la proprietà altrui. Questa sentenza potrebbe far sorgere più di un dubbio di fronte a un cane dentro il forno di un’automobile chiusa d’estate, situazione usuale specie nei parcheggi dei supermarket. Ragionando con i magistrati, se vedo un bambino dentro l’auto rovente e ho anche solo il dubbio che sia in pericolo posso spaccare il vetro, se si tratta di un cane sarà bene andarci piano e riflettere, prima di beccarsi una denuncia da parte del proprietario della macchina. Magari il cane non stava neanche morendo. Ne aveva ancora per cinque minuti buoni, il tempo di fare intervenire carabinieri o pompieri (se non impegnati in situazioni più serie).

E’ invece di questi giorni un’altra perla del supremo organo. Giuseppe V. di Castrovillari, durante un litigio per via di un terreno, ha apostrofato Leonardo B. dandogli del “barbagianni” e del ”babbuino”. L’uomo, assolto in primo grado, è stato condannato dalla Cassazione che così si è espressa. “Gli epiteti che evocano gli animali hanno una obiettiva valenza denigratoria in quanto, assimilando un essere umano a un animale, ne negano qualsiasi dignità in un processo di reificazione e di assimilazione a una res comunemente ritenuta disgustosa o comunque di disumanizzazione". Cosa poi ci sia di disgustoso in un barbagianni solo la Cassazione lo sa. Si tratta di uno splendido rapace notturno, con udito e vista finissimi e dal volo privo di qualunque rumore, altamente specializzato nella cattura di topi, ratti e arvicole.

D’ora in avanti converrà fare attenzione a dire che il tale ha un carattere un po’ “orso”, che la tale è un po’ “oca”, che il portiere ha fatto un balzo “felino” (magari lui odia i gatti) e che invece il centravanti ha tirato un rigore da “cane”. E non vi azzardate a dire a un magnaccia che è un “topo da fogna” o a un usuraio che è peggio di una “iena”. Rischiate il carcere voi, su loro querela.  E ora voglio vedere se daranno l’ergastolo a Sgarbi, quando urlerà al prossimo malcapitato” capra, capra, capra…”.


Oscar Grazioli (estratto da tiscali.it del 31.12.2012)