Nella settimana
dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, a pochi giorni dalla
pubblicazione in Gazzetta del nuovo ordinamento forense, l’Associazione
nazionale avvocati italiani (ANAI) interviene per chiedere le modifiche
necessarie a migliorar la riforma.
“Quasi tutto il potere regolamentare –
rileva Maurizio de Tilla, presidente ANAI - è attribuito al Ministero
della Giustizia con il parere delle Commissioni parlamentari competenti e
il parere del CNF. Mentre in tutto il resto dell’Europa è diffuso il
potere di autonomazione, noi approviamo una riforma Stato-centrica. Da
segnalare che la specializzazione è stabilita dal Ministero e i percorsi
formativi organizzati solo presso le facoltà di giurisprudenza,
espropriando Ordini e Associazioni. Non solo: le Università se ne
dovranno occupare senza nuovi oneri per la finanza pubblica, il
risultato sarà che le specializzazioni se ne andranno in malora! In tema
di assicurazione per la responsabilità civile e contro gli infortuni lo
Stato stabilisce le condizioni di massimali minimi delle polizze
aggiornati ogni cinque anni dai ministro della Giustizia: i poteri forti
(Assicurazioni) saranno ancora una volta favorite a scapito dei giovani
e della parte debole dell’avvocatura. Il Ministero della Giustizia,
sentito il Cnf e le Commissioni parlamentari, si occuperà dell’Albo,
degli elenchi e dei registri, delle modalità di trasferimento, dei casi
di cancellazione e relative impugnazioni: ai Consiglio degli Ordini
viene tolta qualsiasi autonomia. E ancora, il ministro della Giustizia
si occuperà di tirocinio, di corsi di formazione dalla loro istituzione,
al loro svolgimento, alle condizioni per la frequenza. Per gli Ordini
non ci sarà nessuna autonomia perché dovranno seguire pedissequamente le
prescrizioni del Ministero. Questa riforma – ha concluso de Tilla – ha
alcuni pregi ma molti difetti che vanno corretti al più presto. Positiva
l’eliminazione dei soci di capitale dalle società tra avvocati ma
bisognerà vedere se, come e quando sarà approvato il decreto legislativo
del Governo. Il procedimento di formazione dei parametri (le vecchie
tariffe) impone di sentire il CNF. Da sottolineare, poi, che non sono
stati reintrodotti i minimi di tariffa. In conclusione troppi i
regolamenti ministeriali e solo meramente consultivo il ruolo
dell’avvocatura. È una riforma che penalizza i giovani, le donne e le
parti più deboli della professione”.
(Da Mondoprofessionisti del 22.1.2013)