La norma che dispone che l’avvocato radiato non può nuovamente iscriversi all’albo prima di 5 anni, non può essere applicata analogicamente alla sanzione disciplinare della cancellazione. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 22785/2012.
Il caso. Un avvocato subisce una sanzione penale per aver portato in carcere, al proprio cliente, sostanze stupefacenti. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati lo sanziona cancellandolo dall’albo. Trascorsi poco meno di tre anni, chiede la reiscrizione all’albo. Richiesta respinta. Ricorre al Consiglio Nazionale Forense, che respinge nuovamente, ritenendo che, per adottare tale provvedimento, devono passare prima 5 anni, dovendo trovare applicazione analogica la disciplina in tema di radiazione. L’avvocato ricorre quindi per cassazione.
Il giudizio di legittimità. La Suprema Corte annulla la sentenza e rimanda la decisione nuovamente al CNF, in quanto la cancellazione è concepita dal legislatore come sanzione meno grave della radiazione. Quindi la norma che vieta la reiscrizione prima che siano passati 5 anni, non può trovare applicazione analogica. Resta però il fatto che la durata del tempo decorso può essere «autonomamente valutata ai fini dell’apprezzamento della sussistenza del requisito della condotta specchiatissima ed illibata, che l’art. 17 del medesimo provvedimento legislativo richiede per l’iscrizione all’albo». Poiché in questo caso il CNF non si è espresso al riguardo, la Corte annulla la sentenza e rinvia al CNF stesso la decisione, che dovrà valutare la questione secondo il nuovo parametro delineato.
(Da avvocati.it dell’11.1.2013)