Scatta la sanzione penale per lo sviamento degli utenti,
mentre lo studio privato chiede
lauti compensi per seguire tutto l'iter
Tempi duri per i responsabili infedeli
delle strutture di patronato
Scatta la sanzione penale per chi "svia" gli utenti, indirizzandoli dal medico legale compiacente per il disbrigo delle pratiche necessarie a ottenere la pensione d'invalidità e l'eventuale contenzioso con gli enti previdenziali. È quanto emerge dalla sentenza 1451/13, pubblicata l'11 gennaio dalla terza sezione penale della Cassazione.
Reato estinto
Il reato di cui agli articoli 7 e 17 della legge 152/01 risulta ormai prescritto ma non ci sono gli estremi per il proscioglimento della professionista che svolge attività di patronato (il medico legale è giudicato separatamente). La normativa dice chiaro e tondo che è vietato «ad agenzie private e a singoli procacciatori di esplicare qualsiasi opera di mediazione» a favore dei soggetti che sostengono di avere diritto prestazioni di qualsiasi genere in materia di sicurezza sociale. Il ricorso dell'imputata - ammettono gli "ermellini" - non risulta manifestamente infondato, anche perché non c'è perfetta chiarezza nella sentenza del giudice di merito. Ciò che conta è che, stando agli atti giudiziari, la responsabile dell'istituzionale sociale dirotta i "clienti" a un noto studio medico legale del paese, ben contento di seguire le pratiche in cambio di lauti compensi (di fronte a modesti esborsi dovuti al patronato). Il tutto approfittando delle informazioni raccolti sui singoli invalidi raccolti nei file dell'istituzione sociale e ritrovati poi in possesso del sanitario. Insomma: non trova ingresso le censura secondo cui le condotte addebitate sarebbe ravvisabile l'infrazione di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 152/01 che prevede come sanzione la decadenza dai contributi finanziari. E dunque il reato c'è ma è ormai estinto.
Dario Ferrara (da cassazione.net)