Cass. Pen., sez. V, sent. 8.11.2012 n° 43178
Lo sciopero indetto nel settore del trasporto pubblico – anche locale – non costituisce legittimo impedimento ai sensi dell’art. 420 ter c.p.p. perchè per legge deve essere preceduto da congruo preavviso.
È quanto ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, sez. V penale, nella sentenza 4 ottobre - 8 novembre 2012, n. 43178.
Nella fattispecie in esame, l'imputato in un procedimento per ingiuria e minacce e il suo difensore avevano eccepito, sia in primo che in secondo grado, l’esistenza del legittimo impedimento a comparire in udienza a causa dello sciopero del trasporto pubblico locale.
In particolare, il ricorrente sosteneva che il giudice dell’appello non avesse escluso il mancato preannuncio dello sciopero ferroviario, “nè che a quel punto, vista l'ora tarda, non fossero disponibili altri mezzi di trasporto pubblico per raggiungere il Tribunale in tempo utile per l'inizio dell'udienza”.
Tuttavia, ad avviso della Suprema Corte, non risulta da alcuno dei documenti prodotti dal ricorrente che lo sciopero de quo non fosse stato preceduto da congruo preavviso, anche se non adeguatamente pubblicizzato dai mass media.
Inoltre, “la scelta del difensore e dell'imputato di utilizzare per raggiungere il luogo di celebrazione del processo l'ultimo treno utile non era per nulla imposta dalle circostanze, cosicchè l'annullamento di quest'ultimo è eventualità cui i suddetti si sono consapevolmente ed imprudentemente esposti senza nemmeno osservare la comune diligenza nell'accertarsi in anticipo - proprio perchè si trattava dell'ultimo treno utile - del suo regolare funzionamento”.
Infine, è lo stesso ricorrente ad evidenziare come in realtà sussistessero mezzi di trasporto alternativi, quali quello privato, dei quali in ricorso non viene dimostrata l'impraticabilità, ma solo la scomodità, processualmente irrilevante.
In sostanza, lo sciopero del trasporto pubblico, anche locale, non configura un’ipotesi di assoluto, ovvero legittimo, impedimento.
La sentenza in commento ha accolto, invece, un altro motivo di impugnazione, ovvero la decadenza, dichiarata in primo e in secondo grado, dalla prova testimoniale ex art. 29, comma 8, D.Lgs. n. 274/2000.
Secondo la Cassazione, tale sanzione consegue all'effettiva omissione della citazione dei testimoni e consulenti ovvero all'adempimento dell'incombente in forme tali da rivelare l'intenzione solo apparente di assolverlo (ad esempio, nel caso in cui la parte onerata invii le lettere di citazione in una data assolutamente inidonea ad assicurarne il recapito in tempo utile per garantire la partecipazione dei soggetti citati all'udienza).
Nel caso di specie, invece, la citazione non era stata omessa, e le modalità adottate per la sua esecuzione non potevano considerarsi sicuramente elusive dell'onere da cui era gravata la parte: non è irragionevole, infatti, ritenere che vengano recapitate tempestivamente lettere raccomandate inviate sei giorni prima dell’udienza e indirizzate a soggetti residenti nella stessa città. La circostanza che due delle raccomandate in questione vennero effettivamente recapitate ben oltre la data di celebrazione dell'udienza è imputabile invero all'inefficienza del servizio postale, e non all'intempestività dell'invio.
Ciò considerato, la Corte ha annullato la sentenza impugnata e di primo grado, con rinvio al Giudice di Pace per nuovo esame.
(Da Altalex del 27.12.2012. Nota di Giuseppina Mattiello)