Ci siamo. Il viaggio tormentato della riforma forense è ricominciato. Alla Camera, ieri il relatore Roberto Cassinelli (Pdl), ha svolto, davanti alla commissione giustizia, la relazione di apertura. “La figura dell'avvocato non verrà rivoluzionata – ha detto Cassinelli - ma cambieranno le regole di accesso e di permanenza nella professione forense: avremo una maggior equità all'interno degli Ordini. La riforma – ha aggiunto - prevede misure sulle quali difficilmente si può dissentire. Verrà sottolineato l'obbligo per l'avvocato di curare il suo continuo aggiornamento per assicurare la qualità della prestazione offerta alla clientela. L'avvocato, inoltre, potrà fregiarsi del titolo di specialista solo dopo un corso di due anni al termine del quale ci sarà un esame: questa norma porrà fine a improvvisati specialisti che fingono di conoscere materie che ignorano. Sarà possibile per i difensori dare informazione sulla propria attività in maniera reale e veritiera: quindi stop alle pubblicità false e ingannevoli. I minimi tariffari, aboliti dal decreto Bersani, saranno reintrodotti per porre fine alla mercificazione e allo svilimento della professione forense e per restituire ai cittadini il diritto ad una assistenza legale seria e qualificata. Ma la cosa più importante – ha concluso Cassinelli - sarà la rivalutazione complessiva della figura dell'avvocato quale libero professionista che opera con autonomia e indipendenza per la tutela dei diritti delle persone in attuazione degli articoli 4 e 35 della nostra Costituzione”. Cassinelli ha quindi fatto notare che “Il testo trasmesso dal Senato è il risultato di un lungo ed approfondito lavoro che ha preso spunto da un testo elaborato dal consiglio Nazionale forense. Anzi, si tratta di un testo che, come è stato sottolineato nel corso del dibattito in Senato, al quale per la prima volta tutte le componenti significative dell’avvocatura italiana si sono riconosciute. E' anche opportuno sottolineare come l’esigenza secondo la quale qualsiasi riforma professionale non debba risolversi in una ottusa difesa corporativa non possa tradursi, come qualcuno sostiene, in una deregulation dell’intera materia. Nel caso della professione forense, ad esempio, qualsiasi forma di deregulation contrasterebbe con la circostanza che si tratta di una professione volta a garantire diritti di rilevanza costituzionale dei cittadini estremamente delicati, come quello di difesa e quello di vedere assicurata in concreto la certezza del diritto. Vi è anche un’altra considerazione da fare. Attualmente risultano iscritti all’Albo 230.000 avvocati. È un dato allarmante se paragonato a quello degli Paesi europei. Il nuovo ordinamento professionale deve porsi, quindi, anche l’obiettivo di scongiurare che l’Albo rappresenti una sorta di un’area di parcheggio della disoccupazione giovanile. L’iscrizione all’Albo deve essere riservata a coloro che con professionalità effettivamente esercitano la professione forense. Strettamente legato a tale ragionamento vi è quello sulla deontologia e, quindi, sull’applicazione delle sanzioni disciplinari nel caso in cui non siano osservati doveri deontologici superando qualsiasi logica di casta”. Soddisfazione per la ripresa dell’iter del provvedimento è stata espressa dal presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa. “Il Cnf auspica ha detto Alpa - che l’esame possa essere celere al fine di concludere l’iter stanti le difficoltà in cui versa l’avvocatura. La riforma dell’ordinamento forense rappresenta un momento non più rinviabile per una nuova qualificazione della figura e del ruolo dell’avvocato al fine di garantire con efficacia la difesa dei cittadini e la qualità della giurisdizione”.
(Da Mondoprofessionisti del 27.1.2011)