Con sentenza n. 40163 del 15 novembre 2010 la Cassazione ha affermato che non è indispensabile la prova diretta dell’esistenza della sostanza stupefacente per configurare il reato di spaccio.
Nel caso in questione due uomini condannati per spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostante stupefacenti si sono rivolti alla Suprema Corte.
Nel ricorso uno dei due condannati sottolineava l’assenza di prove dirette sull’esistenza della droga, l’accusa difatti, si basava su numerose dichiarazioni di testimoni e sul contenuto di molte intercettazioni telefoniche.
I giudici della Corte hanno respinto il ricorso affermando che la prova della detenzione può essere desunta da altri elementi. Secondo i giudici della Cassazione difatti “il reato di detenzione a fini di spaccio o quello di spaccio non sono condizionati, sotto il profilo probatorio, al sequestro o al rinvenimento di sostanze stupefacenti, poiché la consumazione di tali reati può essere dimostrata attraverso le risultanze di altre fonti probatorie, quali le ammissioni dello stesso imputato, le deposizioni dei testimoni o il contenuto di intercettazioni".
(Da Avvocati.it del 9.12.2010)