Cassazione civile, sez. I, sent. 8.11.2010 n° 22677
Se la moglie non nasconde al marito, di non ritenere importante la fedeltà, sebbene non abbia mai frequentato altri uomini, il matrimonio è nullo.
Lo ha stabilito la Prima Sezione della Suprema Corte, con la sentenza 8 novembre 2010, n. 22677 con la quale si afferma come, anche se nella causa di separazione non emergano specifiche responsabilità, il fatto che la donna abbia solo teorizzato o ipotizzato la propria infedeltà nei confronti del marito è sufficiente a farle perdere il diritto all’eventuale assegno di mantenimento.
Come è risaputo, attualmente, dopo la dichiarazione di incostituzionalità delle norme che sancivano l’illiceità penale dell’adulterio e del concubinato, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà non ha più rilevanza penale.
Ciò precisato, la violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale, costituendo quest’ultimo una regola di condotta imperativa, oltre che una direttiva morale di particolare valore sociale, assume rilevanza come elemento per l’imputazione della responsabilità della separazione. Il giudice, in particolare, deve accertare se la crisi coniugale sia ricollegabile al comportamento oggettivamente trasgressivo del coniuge infedele e che sussista, pertanto, un nesso di causalità tra la condotta addebitata ed il determinarsi della intollerabilità della convivenza.
L’orientamento dominante, sia in dottrina che in giurisprudenza, ritiene che l’obbligo di fedeltà coniugale debba essere inteso non tanto come astensione da rapporti sessuali con terzi, ma come reciproca dedizione fisica e morale. Il rispetto di tale principio impone al coniuge di astenersi dall’intrattenere rapporti con i terzi che, alla stregua di una valutazione sociale, siano intollerabilmente lesivi dell’esclusività del vincolo matrimoniale.
Secondo i giudici di legittimità, dunque, anche l’ostentata apparenza di infedeltà, sussistente anche nel caso in cui uno dei coniugi manifesti un’intensa passione per un terzo, può rilevarsi come lesivo del dovere di fedeltà e di rispetto della personalità morale dell’altro coniuge, doveri che sono operanti nella vita di relazione e che concorrono ad integrare il contenuto del rapporto personale matrimoniale.
(Da Altalex del 29.11.2010. Nota di Simone Marani)