di Maurizio de Tilla, presidente dell'Organismo Unitario dell’Avvocatura
È stato varato un sistema di media-conciliazione per la risoluzione delle controversie giudiziarie nel settore civile che colpisce il diritto ad avere un «servizio-giustizia» efficiente e celere: se non si interviene con adeguate modifiche, i cittadini subiranno con certezza gravissimi pregiudizi in aspetti significativi della vita di tutti i giorni. Il decreto legislativo oltretutto, come autorevolmente sostenuto da molti giuristi, è palesemente incostituzionale. È, quindi, particolarmente importante la presentazione, da parte del senatore Domenico Benedetti Valentini, di un disegno di legge che interviene proprio sui nodi denunciati dall'Organismo Unitario degli Avvocati Italiani. Il disegno di legge Benedetti Valentini recepisce buona parte delle proposte avanzate dall'Oua per correggere il decreto legislativo, tenendo anche conto delle indicazioni degli organismi europei. Si sono ignorati i contenuti della direttiva europea in materia e la media-conciliazione obbligatoria contravviene a principi elementari di diritto, perché determinerà: un più difficile accesso alla giurisdizione da parte del cittadino; un ulteriore dilatamento dei tempi - almeno un anno - per la presentazione della richiesta di giustizia al giudice; un aumento degli oneri e una lievitazione dei costi, tutti a carico del cittadino. Non solo: costituirà un ulteriore strumento dilatorio per la parte inadempiente che non ha alcuna volontà di conciliare la lite ed appare, sul piano sistematico, in totale disarmonia con aspetti processuali e tecnici, con l'effetto perverso di un probabile corto circuito per innumerevoli domande. Va inoltre sottolineato che nel decreto legislativo governativo di cui si propone la modifica non si prevede l'assistenza necessaria dell'avvocato. Ma non solo: si pone il legale in una situazione di sfiducia e di sospetto prescrivendo un'obbligatoria dichiarazione scritta del cliente sull'avvenuta informativa; si fissa la media-conciliazione obbligatoria per più dell'80 per cento dei processi, che rimarranno di conseguenza paralizzati almeno per un anno, con ulteriore discredito della giustizia e, quindi, dell'avvocatura; non si individua nel mediatore un soggetto dotato di preparazione giuridica (basta la laurea triennale); infine si affida a questa imprecisata figura professionale il potere di formulare un progetto di accordo che, se non viene accettato, può produrre effetti penalizzanti per la difesa giudiziaria del cittadino. In questo quadro va accolto con favore il disegno di legge n. 2329 di iniziativa del sen. Benedetti Valentini comunicato alla Presidenza del Senato il 15 settembre 2010, contenente modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28. Ecco i nodi su cui vertono le previste modifiche:
a) norme più stringenti per garantire terzietà, indipendenza e imparzialità di mediatori e organismi di mediazione;
b) facoltatività del ricorso alla mediazione pre-giudiziale con abbandono della formula dell'obbligatorietà (condizione di procedibilità);
c) previsione di eventualità della formulazione della proposta conciliativa e norme più garantiste riguardo alla situazione conseguente al mancato verificarsi dell'accordo;
d) necessaria individuazione, con criteri territoriali classici, degli organismi di mediazione da adire;
e) previsione della necessità dell'assistenza di un avvocato, sia nella presentazione dell'istanza di mediazione, sia in tutto il corso della fase;
f) norme di coordinamento, funzionale e temporale, per i casi in cui l'opportunità della mediazione si profili a causa già pendente, oppure si imponga per dettato contrattuale o statutario, casi nei quali opera la «condizione di procedibilità»;
g) norme più rigorose in materia di riservatezza e divieto di deposizione su tutto ciò di cui si è avuta conoscenza in occasione della mediazione;
h) norme più convincenti in fatto di formulazione delle proposte conciliative, conseguenze della mancata partecipazione dei soggetti coinvolti, rilievo delle proposte formulate e accettate, o disattese ai fini e per gli effetti delle spese processuali;
i) esplicita previsione della responsabilità solidale dell'organismo con il singolo mediatore per i danni derivanti dal mancato rispetto degli obblighi;
l) ragionevole dilazione del momento di entrata in vigore della nuova normativa.
Mi sembra necessario ribadire l'importanza dell'intervento correttivo previsto nel progetto di legge Benedetti Valentini. Per esempio sull'abbandono della formula dell'obbligatorietà. Tale fondamentale mutamento, conforme del resto al parere che era stato espresso dalla Commissione Giustizia del Senato, rende l'istituto più compatibile con il dettato costituzionale e con la lettera e lo spirito della stessa legge di delega. È parere pressoché unanime degli operatori del diritto che, restando alla formula dell'obbligatoria condizione di procedibilità, non solo non verrebbero conseguiti gli scopi di fluidificazione e di decongestionamento, ma si darebbe luogo a un vero e proprio «quarto grado» di giudizio, senza parlare degli oneri aggiuntivi che finirebbero per gravare su chi ha necessità di adire la giustizia e della formidabile struttura parallela che si dovrebbe allestire con problemi pratici devastanti e costi rilevantissimi che, ancora una volta, a valle della «filiera» colpirebbero gli utenti. La verità è che il buon destino della «mediazione» è legato al diffondersi di una cultura conciliativa, di una mentalità pratica e risolutiva che, particolarmente nell'immensa area del contenzioso civile e commerciale, può ben condurre alla scelta spontanea del componimento precontenzioso non di tutte, ma di una buona parte della controversie. L'imposizione per legge di una siffatta fase comporta invece, com'è facile prevedere, effetti perversi e probabilmente controproducenti. È importante anche la necessaria individuazione, con criteri territoriali «classici», degli organismi di mediazione. Conosciamo le obiezioni al riguardo, ma prevalgono le preoccupazioni per l'indispensabile tutela della «parte più debole». È facilmente immaginabile cosa rischia di accadere, specie in presenza di mediazione concepita obbligatoria, nelle controversie tra privati e grandi gruppi economici, estensori generalmente di contratti-tipo praticamente ineludibili e non seriamente negoziabili nelle clausole, anche onerose. Peraltro si è prevista la possibilità che le parti concordino di derogare alle regole territoriali e si rivolgano a qualsiasi altro organismo, purché ciò avvenga con pattuizione di epoca successiva all'insorgere della controversia. Infine la previsione della necessità dell'assistenza di un avvocato, sia nella presentazione dell'istanza di mediazione sia in tutto il corso della fase. Il dibattito su questo tema ha permesso a tutti di rendersi conto che la logica e le conseguenze del procedimento mediatorio sono delicatissime e rendono imprescindibile l'assistenza tecnico-giuridica. Ciò, in ogni caso. Quando poi si dovesse restare al sistema presentemente decretato, vale a dire alla «condizione di procedibilità» e alle conseguenze della fase mediatoria attualmente disegnate su quella del giudizio, sull'indispensabilità dell'avvocato è perfino superfluo discutere, in termini pratici, funzionali e costituzionali. Si aggiunga che non è minimamente accettabile una sorta di «sfiducia» strisciante nei confronti del ruolo conciliativo dell'avvocato, posto che da gran tempo qualsiasi avvocato, financo un principiante, esperisce ogni tentativo di tutela extra e pre-giudiziale del cliente prima di passare al contenzioso giudiziario, consapevole che questa è la strada migliore per propiziare interessi e ragioni della parte ma tutto sommato, contrariamente a molte obsolete convinzioni volgari, anche le proprie aspettative professionali.
(Da Mondoprofessionisti del 10.12.2010)