Cass. Civ., SS.UU., sent. 18.4.2013 n° 9407
"L'art. 342 c.p.c. - che, nel testo (applicabile ratione temporis) quale sostituito dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 50, e prima dell'ulteriore modifica di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. 0a), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, prevede che l'appello si propone con citazione che deve contenere l'esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell'impugnazione, nonchè "le indicazioni prescritte nell'art. 163" - non richiede altresì che, in ragione del richiamo di tale ultima disposizione, l'atto d'appello debba contenere anche lo specifico avvertimento, prescritto dal n. 7, comma 3 dell'art. 163 c.p.c., che la costituzione oltre i termini di legge implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., atteso che queste ultime si riferiscono solo al regime delle decadenze nel giudizio di primo grado e non è possibile, in mancanza di un'espressa previsione di legge, estendere la prescrizione di tale avvertimento alle decadenze che in appello comporta la mancata tempestiva costituzione della parte appellata".
È questo il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza in commento, che dirime un annoso contrasto giurisprudenziale non risolto neppure dalle modifiche apportate al procedimento di appello dal recente D.L. n. 83/2012.
In particolare, ad avviso del ricorrente, l'art. 342, nel richiamare le "indicazioni prescritte nell'art. 163" richiederebbe che l'atto d'appello contenesse anche l'avvertimento prescritto dal n. 7 del comma 3 in ordine alle decadenze conseguenti alla tardiva costituzione in giudizio, con la conseguenza della nullità dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione ex 164 c.p.c. in caso di mancata costituzione dell'appellato.
Tale impostazione è conforme ad un primo orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 17 gennaio 2007, n. 970, la quale ha affermato che “per effetto delle innovazioni introdotte dalla L. n. 353 del 1990, tra gli elementi che la citazione in appello deve contenere - in virtù del richiamo operato dall'art. 342 c.p.c., comma 1, - vi è anche l'avvertimento di cui all'art. 163 c.p.c., comma 3, n. 7 che la costituzione tardiva implica le conseguenti decadenze, le quali, pur se non possono consistere nelle situazioni previste per il giudizio di primo grado in quanto non vi è luogo in appello per l'applicabilità dell'art. 167 c.p.c., consistono invece nelle decadenze proprie del giudizio di gravame (in particolare con riferimento al diritto di proporre impugnazione incidentale e alla facoltà di riproporre le eccezioni disattese nonchè le questioni non accolte o ritenute assorbite nel primo giudizio); ne consegue che, essendo esso posto a garanzia della parte appellata, quando l'atto introduttivo del giudizio d'appello non contiene l'avvertimento che la costituzione tardiva implica le conseguenti decadenze di cui all'art. 163 c.p.c., comma 3, n. 7, il giudice, in mancanza di costituzione dell'appellato,ne dichiara la nullità e ne ordina la rinnovazione”.
Un secondo, più recente, orientamento è invece quello espresso da Cassazione del 23 dicembre 2011, n. 28676, e successivamente dalla Cassazione 30 dicembre 2011, n. 30652, che ha affermato che “nell'ipotesi in cui venga proposto ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denunciandosi, dalla parte rimasta contumace in secondo grado, l'omissione dell'avvertimento a comparire, di cui all'art. 163 c.p.c., comma 3, n. 7, nell'atto di citazione di appello notificato al difensore dell'appellato costituito in primo grado, e dunque a soggetto che deve essere a perfetta conoscenza degli obblighi e delle facoltà inerenti la difesa in appello - il denunciato error in procedendo non acquista rilievo idoneo a determinare l'annullamento della sentenza impugnata e la conseguente rinnovazione della citazione d'appello disposta dal giudice di rinvio, ove il ricorrente non indichi lo specifico e concreto pregiudizio subito per effetto di detta omissione, e perciò non consenta di ricondurre il censurato vizio processuale alla violazione dei principi del giusto processo..altrimenti (vi sarebbe) un'(inammissibile) integrazione piuttosto che un adattamento al giudizio d'appello..inoltre..l'avvertimento non ha senso in caso di appellato costituito in primo grado”.
È quest’ultimo orientamento che le Sezioni Unite ritengono di condividere, osservando che in generale la conoscenza delle regole processuali per la parte che agisce o che è evocata in giudizio discende dalla regola della legale conoscenza della legge e, quindi, della tendenziale, ancorchè non assoluta, inescusabilità dell'errore di diritto.
A fronte di questo canone generale, le prescrizioni di "avvertimenti" che ricordano alla parte il contenuto di una determinata regola processuale costituiscono deroghe a tale principio ed, in quanto disposizioni speciali, sono norme di sistema che mal si prestano all'estensione in via interpretativa.
Inoltre, altro elemento da considerare è la testualità del contenuto dell'avvertimento stesso, che è quello specificamente ed espressamente previsto dalla legge: infatti, se il legislatore ritiene che occorra rafforzare la consapevolezza di una regola processuale con un "avvertimento", il contenuto di quest'ultimo, proprio per la finalità perseguita dalla prescrizione, non può che essere quello testualmente recato dalla prescrizione stessa, piuttosto che quello risultante all'esito di un'attività interpretativa.
In effetti, sottolinea la Corte , la prescrizione dell'avvertimento tutela sì la parte destinataria dello stesso, ma non può costituire, per la parte onerata di comunicare l'avvertimento, un onere che, ove fosse di contenuto non testualmente definito, sarebbe già per ciò solo, in quanto sanzionato dalla nullità dell'atto, non proporzionato all'esigenza di tutela della controparte.
In conclusione, la Corte afferma che “il carattere speciale e derogatorio della prescrizione che reca l'onere dell'avvertimento comporta che anche per l'appello avrebbe dovuto esserci un'espressa previsione analoga a quella prevista per il giudizio di primo grado; espressa previsione che invece nell'art. 342 c.p.c. è mancata sia in occasione della riforma processuale del 1990, sia in sede di recente novellazione della norma (ex D.L. n. 83 del 2012)”.
(Da Altalex del 20.5.2013. Nota di Giuseppina Mattiello)