Il difensore rifonde le spese di giudizio al cliente se ne segue le indicazioni senza avvisarlo delle conseguenze
Avvocato vincolato sugli argomenti da spendere o no nella causa solo quando ha prospettato le alternative alla scelta. Obblighi informativi dopo il "Cresci Italia"
L'avvocato in giudizio deve dar retta al cliente o può fare di testa sua? La questione in giurisprudenza è tutt'altro che pacifica, laddove si ritiene che il difensore nella sua autonomia professionale non debba incontrare alcun vincolo. Ma anche a voler disattendere questo orientamento il legale può ritenersi tenuto a seguire le indicazioni provenienti dall'assistito sulle argomentazioni da spendere o da tacere in giudizio soltanto se lo ha informato in modo adeguato di tutte le alternative possibili e delle conseguenze delle scelta indicata dal cliente. Diversamente il professionista è tenuto, ad esempio, a rifondere le spese del giudizio di Cassazione che l'assistito viene costretto ad affrontare per la sua negligenza nei gradi di merito. È quanto emerge dalla sentenza 1347/13, pubblicata dalla terza sezione civile del tribunale di Verona (giudice unico Massimo Vaccari).
Consenso informato
Pagherà 17.600 euro il penalista che non ha difeso in modo adeguato due imputati, non eccependo prima l'inutilizzabilità di un'intercettazione ambientale e poi la prescrizione del reato. Ecco, in breve, perché. Per i rapporti di opera professionale sorti dopo il 25 gennaio 2012 il decreto "Cresci Italia" prevede nuovi e stringenti obblighi di attività informativa a carico del professionista nei confronti del clienti nella fase pre-contrattuale: si tratta di un incombente che serve a conseguire il consenso informato da parte dell'assistito e trova il suo fondamento nei principi di cui agli articoli 1175 e 1176 Cc (e oggi, dunque, anche nell'articolo 9, comma 4, del Dl 1/2012); tra i doveri che l'avvocato deve osservare prima del conferimento dell'incarico c'è anche quello di comunicare al cliente il grado di complessità dell'incarico e di fornirgli tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili da quel momento fino a quello dell'esaurimento della propria attività. E a contratto concluso l'obbligo informativo permane per tutta la durata dell'incarico.
Onere della prova
Non si salva allora dalla responsabilità professionale il penalista che sostiene come la scelta della strategia difensiva risultata fallimentare gli sia stata suggerita dal cliente poliziotto e, dunque, esperto di tecniche investigative. Anche se si vuole escludere una completa autonomia del difensore dall'assistito la condanna al risarcimento deve scattare ugualmente perché il professionista ha comunque l'onere di dimostrare in quali termini ha svolto la sua attività consultiva e sulla base di quali informazioni è maturata la scelta del cliente. Non lo ha fatto, e quindi non gli resta che risarcire e pagare un terzo delle spese di giudizio.
Dario Ferrara (da cassazione.net)