martedì 18 giugno 2013

Contribuente “temerario”, decide il giudice tributario

Cass. SS.UU. Civ., Ord. 3.6.2013, n. 13899

Sulla domanda del contribuente di condanna dell’amministrazione finanziaria per lite temeraria decide il giudice tributario. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno in sostanza dichiarato che la decisione in ordine alla responsabilità originata dal comportamento gravemente negligente ed imprudente dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agente di riscossione appartiene alla giurisdizione dello stesso giudice tributario.
A norma dell’articolo 96 Codice Procedura Civile:
[1] Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.
[2] Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.
In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.
La Cassazione ha ricordato che: “L’articolo 96 Codice Procedura Civile, in tema di responsabilità processuale aggravata:
    è applicabile al processo tributario, in virtù del generale rinvio di cui all’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 547/1992;
    regola tutti i casi di responsabilità risarcitoria per atti o comportamenti processuali, ponendosi con carattere di specialità rispetto all’articolo 2043 Codice Civile, senza che sia configurabile un concorso, anche alternativo, tra i due tipi di responsabilità;
    non detta tanto una regola sulla competenza, ma disciplina piuttosto un fenomeno endoprocessuale, prevedendo che la domanda è proponibile solo nello stesso giudizio da cui esito si deduce l’insorgenza della detta responsabilità, non solo perché nessun giudice può giudicare la temerarietà processuale meglio di quello stesso che decide sulla domanda che si assume, per l’appunto, temeraria, ma anche e soprattutto perché la valutazione del presupposto della responsabilità processuale è così strettamente collegata con la decisione di merito da comportare la possibilità, ove fosse separatamente condotta, di un contrasto pratico di giudicati”.
In conclusione: “L’ampia previsione dell’articolo 96 consente al giudice di liquidare in favore del contribuente vittorioso una somma, in via equitativa, a titolo di risarcimento dei danni patiti a causa dell’esercizio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di una pretesa impositiva “temeraria”, cioè derivata da mala fede o colpa grave, con conseguente necessità da parte del contribuente di adire il giudice tributario, dovendosi, infatti, intendere in senso estensivo il concetto di “responsabilità processuale”, comprensivo anche cioè della fase amministrativa che, qualora ricorrano i predetti requisiti, ha dato luogo alla esigenza di instaurare un processo ingiusto”.

(Da filodiritto.com del 10.6.2013)