martedì 12 aprile 2011

Si licenzia per prendersi cura del figlio: madre risarcita per sofferenza morale

Va risarcita la madre che decide di abbandonare il lavoro per dedicarsi esclusivamente alla cura del figlio convivente, vittima di un grave incidente stradale.
A stabilirlo è la Terza sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7844 depositata lo scorso 6 aprile.
La fattispecie
Una donna abbandona il proprio posto di lavoro per prendersi cura del figlio, rimasto gravemente ferito in seguito ad un incidente stradale. Se in primo grado vede rigettarsi in toto la sua domanda di risarcimento del danno morale riflesso e del danno esistenziale, in appello i giudici le riconoscono 5.000 euro a titolo di danno patrimoniale. Il verdetto viene però rivisto dalla Corte di Cassazione alla luce dei principi che ormai sottendono il risarcimento del danno non patrimoniale.
La mamma abbandona il lavoro per curare il figlio
Al riguardo, la Suprema Corte osserva come la madre della vittima abbia domandato il ristoro (anche) del lamentato danno non patrimoniale iure proprio conseguentemente sofferto, in particolare deducendo e allegando che la propria sofferenza interiore per le gravi lesioni subite all'esito del sinistro stradale dal figlio convivente l'ha indotta ad abbandonare il lavoro al fine di dedicarsi esclusivamente alla cura del medesimo, bisognevole di assistenza in ragione della gravità delle lesioni psicofisiche riportate in conseguenza del sinistro.
Anche la sofferenza morale dettata dal non poter fare è risarcibile
Inoltre, secondo i giudici di legittimità, il fatto presenta gli estremi del reato e nell'ipotesi in cui il fatto illecito si configura come reato, «il danno non patrimoniale sofferto dalla persona offesa e dagli ulteriori eventuali danneggiati è risarcibile nella più ampia accezione di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, giacché in tal caso, superato il tradizionale orientamento che limitava il risarcimento al solo danno morale soggettivo, identificato con il patema d'animo transeunte, ed affermata la risarcibilità del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, anche il pregiudizio non patrimoniale consistente nella sofferenza morale determinata dal non poter fare è risarcibile».
Risarcimento riconosciuto anche al prossimo congiunto
La S.C. cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al giudice di merito affinché faccia corretta applicazione del principio, secondo cui «al prossimo congiunto di persona che abbia subito lesioni a causa di fatto illecito costituente reato spetta il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto in conseguenza di tale evento, dovendo ai fini della liquidazione del relativo ristoro tenersi in considerazione la sofferenza anche sotto il profilo della sua degenerazione in obiettivi profili relazionali».

(Da avvocati.it del 12.4.2011)