Possibile per i «separandi»
anticipare
la presentazione dell’istanza
Il
Senato ha approvato a larghissima maggioranza, con 228 sì, 11 no e altrettanti
astenuti, il Ddl sul divorzio breve. Il provvedimento, che ha subito delle
modifiche rispetto al testo originariamente approvato da Montecitorio, torna
all’esame della Camera dei deputati.
La
principale novità è il superamento del filtro dei tre anni :il termine per la
domanda di divorzio sarà un anno dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi
al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale. Il
Senato, con l’approvazione “con modifiche” del Testo unificato sul cosiddetto
divorzio breve, ha dato il suo imprimatur a una modifica della norma del divorzio
che, ove definitivamente approvata dalla Camera nella sua terza definitiva
lettura, introdurrà il “termine breve” per la proposizione della istanza di
cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Ancora,
vi è da porre in evidenza come la modifica consentirebbe a tutti i coniugi che
si trovassero coinvolti nella fase istruttoria di un “separazione giudiziale”
di poter – immediatamente - sfruttare il termine breve, posto che l’articolo 1
della legge in approvazione, prevedrebbe con il nuovo testo dell’articolo 3
della legge che regola il divorzio, la possibilità per i coniugi di presentare
la domanda di divorzio una volta spirato il termine annuale.
Il
termine annuale è stato poi conseguentemente ridotto a “sei mesi” - con una
disposizione quanto mai coerente con il principio della “contrazione dei
termini” che sembra essere l’unica attenzione dell’attuale legislatore - per
quelle domande di separazione che siano state introdotte con la formula della
domanda consensuale, per le quali quindi è immaginabile l’inutilità di tempi
maggiori per meglio elaborare il lutto separativo.
Infine
si deve citare la modifica prevista all’articolo 3 della norma in corso di
approvazione che riguarda la “cessazione” degli effetti della comunione legale
tra i coniugi: questa con l’entrata in vigore della norma, viene espressamente
fatta decorrere, con l'inserimento del II comma all’articolo 191 del codice
civile, nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a
vivere separati, nel caso di separazione giudiziale e dal momento dell'udienza
presidenziale nelle separazioni consensuali omologate.
Quanto
all’efficacia della nuova normativa sui tempi “ridotti” per introdurre
l’istanza di divorzio il testo prevede come la disciplina si possa applicare
per le domande di domande di divorzio proposte «dopo l’entrata in vigore della
presente legge» ribadendo poi il concetto già implicitamente regolato
all’articolo 1, secondo il quale in pendenza di giudizio per la separazione non
osti alla formulazione della domanda di divorzio.
Questo
del coordinamento tra i giudizi in corso e l’immediata proponibilità
dell’istanza per il divorzio costituisce, come può osservare ogni operatore del
sistema della giustizia della famiglia, il punto più debole dell’intero
impianto normativo. Ciò che appare esser sfuggito al legislatore è il fatto che
l’immediata possibilità, per la numerosissima platea di coniugi “separandi” di
presentare al proprio tribunale la domanda per il divorzio, comporterà, viste
le attuali enormi difficoltà di smaltimento del lavoro ordinario dei tribunali
(che nelle curie più grandi, fissano oggi per l’udienza presidenziale una data
a sei mesi dal deposito della domanda) la contestuale, ovvia, paralisi degli
uffici.
Ancora
non può sottacersi l'aspetto critico più tecnico, quello connesso alla
“contemporanea” pendenza di due “domande differenti” avanti al medesimo giudice
della separazione, tema che sicuramente provocherà numerose critiche
all'impianto normativo, che in merito nulla dispone.
Giorgio Vaccaro (da Il
Sole 24 ore del 19.3.2015)