“Con
riferimento all’articolo «Il disordine delle regole sconvolge le professioni» di Michele Ainis (Corriere, 4
marzo), si precisa che la frase riferita a una presunta «rivolta» dei giovani
avvocati per un provvedimento di questa Cassa che avrebbe «trasformato i
contributi previdenziali in un salasso» non corrisponde alla verità dei fatti. In
realtà, a seguito della legge di riforma dell`Ordinamento professionale forense
(L. 247/2012), che ha sancito il principio che tutti gli iscritti agli Albi di
Avvocato debbano essere iscritti alla Cassa Forense, questo Ente ha introdotto,
nello scorso agosto, una disciplina regolamentare che tende a ridurre
fortemente gli oneri contributivi a carico dei giovani avvocati nei prossimi
otto anni di iscrizione all`Albo (la quota obbligatoria non supera gli 800 euro
l`anno).
Sporadici
interventi di protesta apparsi su alcuni social network nei confronti dei nuovi
obblighi sanciti dalla legge sono dovuti, in buona parte, ad una scarsa cultura
previdenziale”.
Nunzio Luciano
Presidente di Cassa Forense
Risponde
Michele Ainis
La «rivolta» dei giovani avvocati
contro le pretese della Cassa Forense non è un’invenzione di chi scrive. Ne
hanno parlato vari organi di stampa (II Fatto, 18 febbraio 2014; L`Espresso, 18
dicembre 2014; La Stampa,
19 dicembre 2014), nonché lo stesso sito web del Corriere (21 dicembre 2014). E
francamente la protesta dei giovani avvocati non è senza ragioni: devono
versare i contributi anche se non hanno fatturato un euro, pena la
cancellazione dall’albo.
(Da Corriere della Sera
del 6.3.2015)