La legge indica un’ampia casistica di
comportamenti
per i quali si può «saltare»
l’assemblea
Con
la riforma del condominio sono stati esposti in maniera esplicita i casi di
gravi irregolarità che potrebbero dare vita alla revoca giudiziaria, senza
nulla togliere alla confermata facoltà dei condòmini di poter revocare
l’amministratore, in ogni tempo, anche senza giusto motivo o giusta causa.
Può
essere causa di revoca giudiziaria dell’amministratore, su ricorso di ciascun
condomino, non aver reso il conto della propria gestione, non aver informato
l’assemblea della notifica di una citazione o di un provvedimento che abbia un
contenuto che esorbita le attribuzioni dell’amministratore, o essere causa di
gravi irregolarità. L’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore
revocato.
Nel
caso di irregolarità fiscali o di mancata apertura e utilizzazione del conto
corrente condominiale, ogni singolo condomino si potrà rivolgere al giudice
solo dopo la mancata revoca da parte dell’assemblea.
Il
Tribunale di Sciacca (sentenza 16 giugno 2014) ha revocato l’amministratore ex
articolo 71- bis disposizioni attuative Cc perché condannato, con sentenza
definitiva, per il reato di omesso versamento delle trattenute previdenziali.
Dato che si tratta di «un’ipotesi speciale di appropriazione indebita», esso
costituisce una causa ostativa allo svolgimento dell’incarico di amministratore
di condominio, perché determina la perdita del possesso di uno o più dei requisiti
indicati dall’articolo 71 bis delle disposizioni di attuazione del Codice
civile.
Il
divieto di “rinomina” dell’amministratore revocato sembrerebbe essere stato
interpretato in modo estensivo dal Tribunale di Lecco (sentenza del 13 giugno
2014), che annullava la delibera assembleare con la quale era stato nominato
amministratore del condominio la moglie di quello precedentemente revocato dal
Tribunale, in quanto la nomina ripetuta dell’amministratore revocato (o di
persone a lui riconducibili, come la moglie), anche se da parte della
maggioranza dei condomini, aveva ingenerato diversi contenziosi giudiziari con
grave pregiudizio per l’interesse alla corretta gestione della cosa comune,
situazione che, secondo il giudice di merito, si sarebbe perpetrata, con
l’attuale amministratrice, stante il rapporto personale tra i due.
Altre
cause di revoca giudiziaria sono, per esempio l’inottemperanza agli obblighi di
cui all’articolo 1130 n. 6, 7, e 9, del Codice civile oppure l’omessa
comunicazione dei dati di cui all’articolo 1129 comma 2, nonché ogni qual volta
l’amministratore abbia assunto atteggiamenti negligenti che possono comportare
conseguenze sui condomini.
Di
recente il Tribunale di Trento (ordinanza del 1° dicembre 2014) ha revocato un
amministratore perché ha «dimostrato una inescusabile superficialità per aver
posto in essere un’attività in sé incompatibile con la tutela delle parti
comuni»: senza alcuna autorizzazione aveva praticato un’apertura sul muro al di
sopra della porta tagliafuoco tra l’accesso ai garage dal giro scala, così
vanificando la struttura e le misure antincendio, impedendo di fatto ai
condomini di parcheggiare l’auto nel garage interno, oltre a non aver curato la
tenuta del registro anagrafe condòmini e non aver pubblicizzato i propri dati
anagrafici nella bacheca condominiale.
Per
questo stesso ultimo motivo il Tribunale di Palermo (decreto 20 maggio 2014) ha
disposto la revoca giudiziaria per condotta gravemente irregolare
dell’amministratore essendosi reso irreperibile, per omissione di quanto
disposto dall’articolo 1129 del Codice civile che, tra l’altro, richiede che,
sul luogo di accesso al condominio, venga fissata l’indicazione delle
generalità, del domicilio e i recapiti dell’amministratore.
Infine,
in caso di accoglimento, da parte del giudice, della istanza di revoca
giudiziaria, il ricorrente per le spese legali ha titolo di rivalsa nei
confronti del condominio che, a sua volta, può rivalersi nei confronti
dell’amministratore revocato (articolo 1129).
Diverso
è invece il regime delle spese legali in caso di nomina dell’amministratore
giudiziario (articolo 1129 comma 2) nei casi in cui l’assemblea non vi
provvede. In tal caso, ha spiegato la Cassazione (sentenza 11 febbraio 2015 n. 2719),
le spese di giudizio rimangono a carico della parte istante «in quanto
l’articolo 91 Cpc (quello relativo alla condanna alle spese di giudizio), si
riferisce a ogni processo, senza distinzioni di natura e di rito» (quindi anche
ai provvedimenti di natura camerale e non contenziosa) «e il termine sentenza
è, all’evidenza, ivi usato nel senso di provvedimento che, nel risolvere
contrapposte posizioni, chiude il procedimento stesso innanzi al giudice che lo
emette: quindi, anche se tale provvedimento sia emesso nella forma
dell’ordinanza o del decreto». Nella sentenza la giustificazione alla condanna
alle spese si ravvisava nella contrapposizione di interessi tra il condomino
che chiedeva la nomina dell’amministratore e si ostinava a non riconoscere
quello nominato, nel frattempo, dall’assemblea, e il condominio, che aveva
nominato l’amministratore e non voleva farlo nominare dal giudice, essendo
cessata la materia del contendere.
L’amministratore
nominato dal tribunale non va considerato alla stregua di un ausiliare del
giudice, come se si trattasse di un consulente tecnico o un custode, per cui
non potrà richiedere la liquidazione con decreto del suo compenso, secondo le
modalità previste dall’articolo 52 del Codice di procedura civile. Ad esso si
applicheranno le ordinarie norme previste per l’amministratore (Cassazione,
sentenza 16698/2014).
Luana Tagliolini (da Il
Sole 24 ore del 17.3.2015)