di Avv. Vincenzo Orlando
Appare opportuno spendere qualche apprezzamento per quello che di positivo si rinviene nel nuovo c.p.a. e, in primis, per il contenuto del titolo primo del libro IV, che si compone di n. 4 articoli (da 112 a 115), con cui il legislatore regolamenta, finalmente ed una volta per tutte, il giudizio di ottemperanza, specificando le materie e i singoli casi nei quali esso si applica, ma, soprattutto, attribuendone la competenza al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta, anche per i provvedimenti confermativi, resi in grado di appello, per le sentenze del giudice amministrativo (art. 113 comma 1), e al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza, per i provvedimenti del giudice ordinario.
Non è superfluo rammentare in proposito che, finora, in mancanza di una normativa organica e completa, occorresse mettere capo, di volta in volta, alla giurisprudenza amministrativa e ordinaria per la individuazione delle singole fattispecie suscettibili di formare oggetto di ottemperanza.
In secondo luogo, si finiva sempre davanti al Consiglio di Stato persino per le sentenze rese nella regione siciliana, malgrado l’esistenza quivi di un C.G.A., il quale, però, era sfornito di competenza riguardo alle decisioni del giudice ordinario (ad esempio, quelle in materia di equa riparazione, che – come noto agli operatori pratici del diritto – assai raramente, per non dire quasi mai, trovano spontanea attuazione da parte del Ministero della Giustizia o degli Interni).
In conclusione, dunque, tirando le fila del discorso, sarebbe auspicabile che il legislatore utilizzasse la legge delega, la quale gli consente di apportare, entro un biennio dall’entrata in vigore del codice amministrativo, gli opportuni correttivi, operando così il perfezionamento delle norme, non soltanto sotto il profilo formale, ma anche e soprattutto sotto quello contenutistico.
(Estratto da filodiritto del 21.11.2010)