A) Se è pacifico, presso gli operatori, che il potere del giudice di merito di liquidare ex art. 91 c.p.c. le spese e gli onorari di difesa è discrezionale, non si deve dimenticare che a mente di costante giurisprudenza della S.C., ai fini della liquidazione degli onorari spettanti all’avvocato per l’individuazione del valore della causa occorre avere come riferimento il generale principio della proporzionalità ed adeguatezza all’opera professionale prestata effettivamente, quale desumibile dall’interpretazione sistematica dell’art. 6, primo e secondo comma, della Tariffa per prestazioni giudiziali in materia civile, amministrativa e tributaria (Cass. civ. 3 luglio – 11 settembre 2007 n. 19041/07, in Guida al diritto n. 47/2007, pag. 42).
Da quanto appena detto discende che la discrezionalità in parola è non già libera, ma vincolata, ossia parametrata a dei requisiti rigidi. Giova, infatti, ricordare che, nell’esercizio del potere dovere di liquidare le spese e gli onorari della causa, il giudice deve comunque rispettare le tariffe professionali forensi, e deve altresì rispettare la legge professionale in forza della quale la quantificazione concreta delle spese si fa tenendo conto della gravità e del numero delle questioni trattate.
“Anche dopo la cd. legge Bersani(L. 4 agosto 2006 n. 248), restano in vigore le tariffe forensi come parametro di riferimento per il giudice nella determinazione giudiziale delle spese di lite” (Cfr. in tal senso De Tilla – Voce Avvocati in Enc. Giur. Sole 24 Ore, Vol. 2).
B) Sulla necessità di rispettare le tariffe professionali, si veda altresì Cass. 17 ottobre 2003 n. 15551, ad avviso della quale:“Alle tariffe professionali forensi va riconosciuto carattere vincolante, atteso che non contrasta con gli art. 10 e 81 del tratta Ce una disposizione interna che stabilisca gli onorari minimi e massimi dei membri dell’ordine”.
Ed ancora, Cass. 23 maggio 2003 n. 8158, in forza della quale:“il giudice, nel procedere alla liquidazione degli onorari, dei compensi e delle spese di lite, deve tener conto delle tariffe professionali forensi, in quanto le stesse non possono ritenersi in contrasto con le regole comunitarie circa la libera circolazione dei servizi.”
C) In via ulteriore, non va dimenticato il principio enucleabile dall’art. 2233 c.c. che, in materia di compenso dovuto al professionista intellettuale stabilisce la parametrazione di esso a:
a) tariffe o usi;
b) determinazione del giudice; (cosi’ il I comma);
c) in ogni caso importanza dell’opera e decoro della professione.(cosi’ il II comma)
A tale ultimo proposito, non può tacersi il diritto vivente in materia di liquidazione di spese effettuata dal giudice a carico della parte soccombente, che è assolutamente conforme nell’ancorare il potere liquidativo ex art. 91 c.p.c. al principio di cui all’art. 2233 c.c., 2° comma.
Così Cass. 5.10.2001 n. 12297: “Con la sentenza che chiude il processo davanti a lui il Giudice …. Condanna la parte soccombente al rimborso delle spese in favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa (art. 91, comma 1, c.p.c.). In deroga al disposto di cui all’art. 2233 , comma 1, c.c. il compenso per l’attività professionale svolta dall’avvocato deve essere liquidato secondo le tariffe, la cui determinazione è affidata al CNF (art. 1 L. 536/1949, art. unico L. 1051/1957) che lo esercita per mezzo di atti regolamentari recepiti dal Ministro della Giustizia con D.M. 585/1994 (trattasi della Tariffa Forense previgente ndr.). L’attività professionale raffigura un’obbligazione di mezzi, alla cui struttura rimane esterno il ‘risultato perseguito’ …. Orbene, la legge 794/1942, tanto con riferimento alla materia giudiziale quanto a quella stragiudiziale commisura l’entità del compenso all’importanza dell’opera. La stessa legge relativamente alla materia giudiziale, per quanto concerne la liquidazione degli onorari a carico della parte soccombente, dispone che si debba tener conto della natura e del valore della controversia, dell’importanza e del numero delle questioni trattate nonché del grado dell’autorità giudiziaria adita, con particolare riguardo all’attività svolta dall’avvocato innanzi al giudice… In sintesi, in ogni caso la misura delle tariffe rispetta il principio fondamentale ex art. 2233, comma 2, c.c. secondo cui la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera …. Per le ragioni esposte, può ritenersi principio generale dell’ordinamento che la misura del compenso debba essere adeguata all’importanza dell’opera e che la misura dei diritti e degli onorari debba variare in proporzione al valore economico della controversia ed all’importanza dell’attività esercitata.”
Assolutamente conforme la giurisprudenza di merito: ex multis si segnala l’importante Corte Appello Torino n. 2210/1998, che così ha statuito:
“Nella liquidazione delle spese di soccombenza non resta che attenersi alle disposizioni dell’art. 2233 c.c. concernenti il compenso dovuto per prestazioni d’opera intellettuale… la determinazione del compenso deve essere effettuata dal Giudice tenuto conto dell’importanza dell’opera prestata, anche in relazione al grado di difficoltà ed alla durata della controversia, nonché del decoro della professione.”
D) Si elencano qui, infine, altre disposizioni della Tariffa Forense (si ricordi, trattasi del D.M. 8 aprile 2004, in G.U. 18 maggio 2004) di cui, data la pregnanza, il magistrato dovrà sempre tener conto nella determinazione delle spese in favore del difensore, e segnatamente:
a) Art. 14, in forza del quale: “All’avvocato ed al praticante abilitato al patrocinio è dovuto un rimborso forfetario delle spese generali in ragione del 12,5% sull’importo degli onorari e dei diritti ripetibile dal soccombente”.
Come è noto, l’art. 14, giusta l’interpretazione di come interpretato dalla S.C., aggiunge alle spese liquidabili al difensore, le citate spese generali, indipendentemente dalla loro giustificazione.
Sul punto, Cfr. la recente Cass. Sez. III, 30 gennaio 2009 n.2492, relativa al regime tariffario forense previgente :”Il rimborso delle spese generali …. degli importi liquidati a titolo di onorari e diritti procuratori, spetta all'avvocato a norma dell'art. 15 della tariffa professionale forense, approvata con D.M. 5 ottobre 1994 n. 585, ed è quindi un credito che consegue e la cui misura è determinata per legge, sicché spetta automaticamente al professionista, anche in assenza di allegazione specifica e di domanda, dovendosi, quest'ultima, ritenere implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali” (dello stesso tenore Cass. 2/07/2003, n. 10416; Cass. 18/06/2003, n. 9700; Cass. 18/03/2003, n. 4002; Cass. 17/01/2003, n. 603).
Ed ancora, Cass. 22/12/2008 n.29921:“Il rimborso forfetario delle spese generali ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni generali della tariffa professionale spetta automaticamente al professionista anche in assenza di allegazione specifica e di espressa richiesta dovendosi, quest’ultima, ritenere implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali”.
b) Si aggiunga a tutto quanto detto che i primi due commi dell’art. 5 della Tariffa stabiliscono che nella liquidazione degli onorari si debba tener conto della natura e del valore della controversia (comma 1), dando la possibilità, nelle cause di particolare importanza per le questioni giuridiche trattate, di una liquidazione ultramassimale delle spese legali (comma 2).
Emerge dall’interpretazione dell’art. 5, quindi, che avuto riguardo a controversie di particolare complessità, il Giudice abbia un potere-dovere di parametrare l’importo degli onorari legali alla natura complessa delle liti medesime.
Avv. Giorgio Vanacore (da Overlex del 10.11.2010)