Tribunale Catanzaro, sez. II, ordinanza 4.11.2010
L’interpretazione offerta dalle Sezioni Unite 19246/2010, dell’art. 645 c.p.c., non può essere condivisa: da ultimo la Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 18 del 2008, ha ribadito che la riduzione dei termini di costituzione si lega alla facoltà dell’opponente di dimidiare i termini di comparizione della controparte. Vi è, poi, che l’interpretazione delle SSUU favorirebbe la prassi, non conforme all’art. 165 c.p.c., di iscrivere le cause depositando una copia dell’originale (cd. velina) e non anche l’originale, con effetti tutt’altro che deflattivi del contenzioso.
Tribunale Milano, sez. I, sentenza 3.11.2010
Affermare che la riduzione a cinque giorni del termine di costituzione dell’opponente consegue automaticamente dalla riduzione “ex lege” del termine a comparire prevista dall’art. 645 comma 2 c.p.c. determina, da un lato, il dovere per il debitore ingiunto di costituirsi in giudizio in un tempo più breve di quello “ordinario” previsto espressamente dall’art. 165 c.p.c. anche quando ciò non sia funzionale a soddisfare un interesse dell’opposto e, dall’altro, finisce per “anticipare” il verificarsi di una condizione di improcedibilità dell’opposizione.
L’interpretazione dell’art. 645 comma 2 c.p.c. data dalla Suprema Corte nella sentenza 09.09.2010 n° 19246 pare scarsamente rispettosa del diritto di azione, del principio del giusto processo e del principio del contraddittorio garantiti dagli artt. 24 e 111 della Costituzione.
Tribunale Belluno, sentenza 30.10.2010
Deve ritenersi che l’ulteriore “puntualizzazione” svolta dalle Sezioni Unite nella sentenza 19246/2010 rappresenti un mero obiter dictum che, sebbene ampiamente motivato, costituisce un’affermazione eccedente la necessità logico-giuridica della decisione ed è quindi privo dell’efficacia di precedente (ancorché soltanto persuasivo, come avviene negli ordinamenti di civil law), in quanto non funzionale alla ratio decidendi, intesa come regola di diritto strettamente connessa alla fattispecie concreta, che costituisce il fondamento logico-giuridico necessario per risolvere la controversia. Tale obiter – qualificato dalla dottrina come ratio decidendi non necessaria – può infatti essere espunto dalla motivazione, senza privarla della regola su cui essa si fonda, perché afferma un principio, estraneo al percorso argomentativo, il cui ambito di applicazione è più ampio di quello della norma che attiene ai fatti rilevanti del caso (ove era stato effettivamente assegnato un termine di comparizione inferiore a quello ordinario) e configura soltanto l’anticipazione di una possibile (futura) soluzione di un caso ipotetico (in cui sia assegnato un termine di comparizione non inferiore a quello ordinario) diverso da quello in esame.
(Fonte: Massimario.it - 39/2010 – Da Altalex del 20.11.2010))