Secondo l'interpretazione data nei
giorni scorsi a larga maggioranza dalla Settima Commissione del Csm (con 5 voti
a favore e uno contrario), le ferie dei giudici non cambierebbero dopo
l'intervento dell'esecutivo. Dunque, ancora quarantacinque giorni invece dei
trenta sbandierati dal governo, perché il decreto è stato scritto male, visto
che la norma introdotta per ridurre le vacanze dei giudici è stata aggiunta
alla precedente, senza abrogare esplicitamente la vecchia disciplina. Il
documento che contiene questa presa di posizione sarà discusso dal Plenum nella
seduta del quattro febbraio prossimo insieme alla proposta alternativa del
laico indicato dal Movimento Cinque Stelle Alessio Zaccaria, che giudicando
quella del governo una “svista grossolana”, propende per l'interpretazione
opposta: cioè che si debba ritenere ridotto a 30 giorni il periodo di ferie dei
magistrati.
Alla
fine aveva ragione il giudice Davigo e non il ministro Orlando: le ferie dei
magistrati rimarranno 45 giorni.
Possiamo
tirare un respiro di sollievo perché nessuno “creperà” di lavoro, stando alle
preoccupazioni espresse dal Procuratore Generale di Torino, Marcello Maddalena,
in occasione della solenne inaugurazione dell'anno giudiziario.
Dunque
i tempi della giustizia non si accorceranno, si ridurranno solo i termini
perentori per gli avvocati, i quali dovranno depositare le loro memorie anche
quando il giudice sarà in ferie.
E
sì, perché il legislatore ha anche ristretto il periodo della sospensione
feriale, che prima era pure di quarantacinque giorni e coincideva
sostanzialmente con le ferie dei magistrati.
Di
conseguenza, si accorceranno le vacanze degli avvocati, che normalmente si
prendevano un periodo di riposo proprio in quei giorni.
Però
l'Avvocatura, pur consapevole della inutilità della misura (perché non è dalla
lunghezza del periodo di sospensione feriale che dipende la efficienza della
giustizia), non ha protestato prima e neppure adesso che questo disallineamento
tra la durata delle ferie dei magistrati e quello di sospensione dei termini
processuali nel periodo estivo sortisce l'unico risultato di influire sulle
incombenze processuali degli avvocati ma non su quelle di chi gli atti poi
dovrà esaminare per emettere la sentenza.
Evitando
di difendere una disposizione normativa che consentiva anche agli avvocati,
approfittando della pausa estiva così lunga, di dedicare parte del loro “tempo
libero” alla predisposizione degli atti da depositare alla ripresa dei termini
“perentori” stabiliti dalla legge, l'Avvocatura ha fatto la scelta più giusta
in un momento in cui al Paese intero sono chiesti sacrifici, così dimostrando
che il lavoro non fa paura agli avvocati quando ciò giova a cittadini ed
imprese, il cui interesse va anteposto al proprio pur dinanzi ad una decisione
del legislatore che ha solo l'effetto di uno slogan.
Ed
attenzione, che a nessuno venga in mente di dire che comunque gli avvocati
guadagnerebbero di più perché – per la felicità dei liberisti nostrani – il
tariffario per singola prestazione è finito in soffitta da un pezzo, sostituito
da compensi a forfait.
Dunque
l'onorario non subirà variazioni in aumento, sempre che si riesca a farsi
pagare dai clienti: e di questi tempi, come denunciano i dati della Cassa
Forense, non pare proprio che sia così facile e scontato.
Giuseppe Sileci (da
ilsole24ore.com del 2.2.2015)