Il
caso affrontato dal Tribunale di Lecce, nella persona del giudice onorario,
Avv. Giuseppe Cardone, con sentenza del 16.10.2013, e' davvero interessante perché ha ad oggetto
la revoca della donazione afferente la nuda proprietà di un immobile, del quale
il marito era usufruttuario mentre alla moglie aveva donato la nuda proprietà
dell'abitazione.
Ad
agire in giudizio e' stata la moglie che chiedeva la decadenza del diritto di
usufrutto vantato dal marito perché a suo dire l'uomo si era reso inadempiente
con riferimento alla diligente custodia, amministrazione e manutenzione
dell'abitazione di conseguenza chiedeva di essere considerata la proprietaria
piena, esclusiva ed incontestata dell'abitazione; inoltre, chiedeva al
Conservatore dei Pubblici Registri immobiliari di cancellare il diritto di
usufrutto vantato dal marito.
La
donna raccontava di essere sposata con il convenuto e con atto pubblico del
1987 il convenuto, riservandosi l'usufrutto sua vita natural durante, le aveva
donato la sola nuda proprietà del fabbricato .
La
suddetta abitazione era stata la casa coniugale e nella stessa la donna aveva
vissuto finché era stata costretta ad allontanarsi a seguito dell'aggravarsi
delle condizioni di salute del proprio coniuge.
Il
marito, infatti, da diversi anni era ricoverato presso una casa per anziani e
si era totalmente disinteressato dell'abitazione familiare omettendo di
effettuarvi anche la più modesta riparazione o manutenzione; in questo modo la
casa era stata abbandonata al più totale deterioramento.
Il
marito costituitosi in giudizio dichiarava che l'abitazione di cui era
usufruttuario versava in cattivo stato di conservazione sin da epoca precedente
la donazione della nuda proprietà in favore dell'attrice.
Teneva
a precisare che la mancata manutenzione della casa era imputabile alla mancanza
di proprie risorse economiche, infatti, l'uomo per anni era sopravvissuto solo
grazie alla beneficenza di vicini, parenti e amici, nell'assoluta indifferenza
della moglie.
Il
convenuto chiedeva che il Tribunale accertasse e dichiarasse l'inadempimento da
parte della moglie nei suoi confronti di tutte le obbligazioni nascenti dal
matrimonio.
L'uomo
forniva ricchi particolari sull'atteggiamento poco amorevole della moglie
protrattosi negli anni; raccontava ad esempio di offese gratuite contenute nel ricorso per
separazione personale, di gravi attentati al suo stato di salute operati nel
corso della breve convivenza successiva al secondo matrimonio, lo stato di
totale abbandono in cui lo aveva lasciato quando era gravemente malato,
l'inadempimento di ogni obbligo morale e materiale derivante dal matrimonio, l'inadempimento dell'obbligazione
di prestare gli alimenti in favore del coniuge e, da ultimo, il grave spoglio
perpetrato ai suoi danni.
Dunque,
tutti questi atteggiamenti potevano essere letti come ingratitudine nei suoi
confronti per questo motivo con domanda riconvenzionale chiedeva che fosse
revocata la donazione per indegnità.
L'uomo
raccontava ancora che la moglie,approfittando delle sue pessime condizioni di
salute, lo aveva indotto a sposarla nuovamente con rito civile e che a pochi giorni dalla celebrazione del
nuovo matrimonio aveva chiesto ed ottenuto la donazione della nuda proprietà
dell'abitazione di cui era proprietario.
Dopo
poco tempo la donna lo avrebbe abbandonato nuovamente andando a vivere a casa
della madre disinteressandosi completamente delle sorti del coniuge, anzi,
rincarava nuovamente la dose tentando una nuova separazione giudiziale nel
1989.
Il
convenuto raccontava la storia di un matrimonio difficile, di fatto erano
separati da 20 anni e nel corso di tutto questo tempo non aveva mai potuto
contare sul sostegno della moglie la quale aveva anche un ottimo reddito.
In
buona sostanza quest'uomo aveva sempre vissuto
il matrimonio in solitudine senza
il benché minimo supporto economico e morale della consorte la quale nel
tempo aveva sempre fatto e disfatto tutto da sola arrivando con i suoi atteggiamenti
ad umiliare la dignità del marito.
In
seguito alle risultanze istruttorie il giudice leccese decideva di rigettare la
domanda attorea per una serie di motivi.
Il
giudicante faceva rilevare che: "il nudo proprietario il quale chieda la
decadenza dell'usufruttuario dal suo diritto, adducendo che si sia verificata
una delle ipotesi previste dall'art. 1015 c.c.
ad esempio abuso del diritto consistente nell'alienazione o nel
deterioramento dei beni ovvero nella mancanza di ordinarie riparazioni che li
lasci andare in perimento, deve limitarsi a dimostrare la sussistenza di tali
condizioni al momento della proposizione della domanda esaurendosi con questa
prova l'onere posto a suo carico.
L'usufruttuario
in sua difesa aveva affermato che la mancanza di manutenzione preesisteva alla
costituzione del suo diritto; disposta la
consulenza tecnica per accertare ciò la stessa aveva accertato che
l'unità immobiliare "ha bisogno di
manutenzione sia ordinaria che straordinaria", dal punto di vista statico
"l'intera struttura sembra non presentare particolari problematiche",
sia, soprattutto, "che gli immobili in oggetto hanno uno stato manutentivo
immutato nell'ultimo cinquantennio": dunque che gli immobili presentavano
uno stato manutentivo sostanzialmente preesistente alla costituzione del
diritto dell'usufruttuario.
Logica
conseguenza e' che la CTU
dava ragione alle dichiarazioni del convenuto per cui la domanda formulata da
parte attrice veniva rigettata.
Con
riferimento alla domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto il giudice
precisava che doveva ritenersi l'inapplicabilità dell'art. 805 c.c. (che
esclude la revoca per causa di ingratitudine delle donazioni fatte in riguardo
di un determinato matrimonio) tenuto conto che - a differenza del caso di
specie - la donazione in riguardo di matrimonio, prevista dall'art. 785 c.c., è
un negozio formale e tipico, caratterizzato dall'espressa menzione, nell'atto
pubblico che la contiene, che l'attribuzione patrimoniale, eseguita da uno
degli «sposi» o da un terzo, sia compiuta «in riguardo di un futuro determinato
matrimonio» (Cassazione civile, sez. Il. 12/07/2006, n. 15873).
Ancora
con riferimento all'ipotesi di ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c.(quale
presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per
ingratitudine)pur mutuando deve essere caratterizzata dalla manifestazione, nel
comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle
qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante contrastanti con
il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbe invece,
improntarne l'atteggiamento.
Invece,
tale presupposto non può essere desunto da singoli accadimenti che, pur
risultando di per sé censurabili, per il contesto in cui si sono verificati e
per una situazione oggettiva di aspri contrasti esistenti tra le parti, non
possono essere ricondotti ad espressione di quella profonda e radicata
avversione verso il donante che costituisce il fondamento della revocazione
della donazione per ingratitudine (Cassazione civile, sez, II. 24/06/2008. n.
17188).
Anche
l'indebito rifiuto degli alimenti (dovuti ai sensi dell'art. 433 c.c. )può
essere motivo di revoca della donazione, indipendentemente dal fatto che
l'obbligazione alimentare abbia formato oggetto di una domanda giudiziale, non
essendo tale estremo menzionato dall'art. 801 C.C., come elemento integrante di tale
causa di revoca della donazione (Cass. Civ. Sez. II,17.5.1968, n. 1557).
I
testi ascoltati confermavano che la moglie non si era mai curata del marito e
che vicine di casa ed amici,di vecchia data ,dell'uomo si preoccupavano di
preparargli dei pasti caldi, di pulirgli la biancheria e provvedere alla sua
cura personale.
I
testimoni confermavano ancora che la donna dopo il secondo matrimonio aveva
convissuto con il marito per poco tempo e poi si era nuovamente allontanata;
che dopo la seconda separazione la casa non era mai stata occupata dalla moglie
. Tra le testimonianze veniva ascoltato anche un carabiniere che conosceva bene
la coppia e l'abitazione coniugale; il
teste aveva dichiarato di essere a
conoscenza che la casa in oggetto si trovava in una precisa via e che non aveva
mai visto i coniugi insieme.
Il
carabiniere aggiungeva anche che in paese, relativamente al secondo matrimonio,
si diceva fosse un matrimonio fittizio.
In
aggiunta risultava provata l'azione di spoglio posta in essere dalla moglie ai
danni del marito nell'anno 2007, come acclarato con ordinanza del Tribunale di
Lecce del 2008 in
accoglimento del relativo ricorso.
In
definitiva, tutte queste circostanze ampiamente confermate da testimoni e
documentazioni consentivano di individuare, nel comportamento della donataria
un durevole sentimento di disistima e avversione nei confronti del coniuge tale
da giustificare la revoca della donazione
per ingratitudine ex art. 801 c.c.
In
conclusione, il giudice onorario rigettando la domanda attorea accoglieva la
domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto di conseguenza revocava la
donazione della nuda proprietà dell'immobile effettuata dal convenuto in favore
della moglie ; disponeva la compensazione delle spese di lite mentre a carico
di parte attrice restavano le spese di CTU.
Barbara Pirelli (da
studiocataldi.it del 31.7.2014)