Trib. Padova, ord. 1.9.2014
Il
Tribunale di Padova, con ordinanza 28 agosto-1° settembre 2014, ha dichiarato
inammissibile il deposito telematico della comparsa di costituzione e risposta
non essendo tale tipologia di atto presente tra quelli indicati nel decreto ex
art. 35, DM 44/11, con conseguente dichiarazione di contumacia della parte così
costituitasi.
Le
motivazioni poste dal Giudicante a supporto della decisione adottata non
appaiono assolutamente condivisibili.
Il
Giudice, correttamente, osserva che:
il procedimento era stato iscritto a ruolo
dopo il 30 giugno 2014 applicandosi quindi le novità introdotte dal DL 90/14
convertito nella L. 114/14;
tra gli atti che l’art. 16 bis del DL
179/12 impone di depositare esclusivamente in via telematica non vi sono gli
atti introduttivi del giudizio essendo obbligatorio, invece, il deposito
telematico dei soli atti endoprocedimentali;
il DL 179/12 nulla prevede circa il
deposito degli atti introduttivi delle parti;
sancire l’obbligo del deposito telematico
di alcuni atti non significa vietare l’utilizzo di quel medesimo canale
comunicativo anche per altri atti ma solo statuire che, alcuni atti, nei
procedimenti iniziati dopo il 30 giugno 2014 devono essere depositati
attraverso modalità telematica;
vigendo nel nostro sistema processuale il
principio della libertà delle forme, laddove non diversamente stabilito,
l’obbligo di utilizzare un certo strumento di deposito non può equivalere, nel
silenzio della legge, a statuire il divieto di utilizzo di quel medesimo
strumento per gli atti introduttivi, laddove invece per gli atti
endoprocedimentali è addirittura obbligatorio con ciò essendo evidente come il
deposito telematico sia reputato idoneo dal legislatore a raggiungere lo scopo
perseguito dalla norma, ovvero consentire alla parte di depositare l’atto
processuale nel rispetto del principio del contraddittorio.
Il
ragionamento del Giudicante, così come sopra descritto è, fino a questo momento,
assolutamente condivisibile e, ad avviso di chi scrive, poteva essere
sufficiente per affermare l’ammissibilità del deposito telematico della
comparsa di costituzione e risposta.
Ritiene
invece, al fine di decidere se il deposito degli atti introduttivi possa
avvenire per via telematica, di dover prendere in esame l’art. 35 del DM 44/11
nonché gli artt. 166 e 167 c.p.c.
E’
da questo momento in poi che, quanto osservato dal Giudice, appare
assolutamente privo di qualsiasi fondamento giuridico.
Ritiene
infatti il Giudicante, richiamando l’art. 35 del DM 44/11, che tale norma,
oltre a disporre al comma 1 che “l'attivazione della trasmissione dei documenti
informatici da parte dei soggetti abilitati esterni e' preceduta da un decreto
dirigenziale che accerta l'installazione e l'idoneità delle attrezzature
informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei
documenti informatici nel singolo ufficio” conferisca al Direttore del DGSIA (la Direzione Generale
dei Sistemi Informativi Automatizzati) anche il potere, di indicare
espressamente la tipologia degli atti per i quali sia possibile procedere al
deposito telematico se è vero come è vero che, nel richiamare il decreto ex
art. 35, DM 44/11 rilasciato al Tribunale di Padova, non esita a mettere in
evidenza come gli atti “autorizzati” ad essere depositati telematicamente e
quindi, a suo dire, aventi il cd. “valore legale” siano solo: comparse
conclusionali e memorie di replica, memorie autorizzate dal Giudice, memorie ex
art. 183 comma 6° c.p.c. per i procedimenti contenziosi civili e del lavoro.
Sul
punto è fondamentale evidenziare come ad oggi, nel nostro ordinamento, non sia
possibile rinvenire norma alcuna – legislativa o regolamentare – che
attribuisca alla DGSIA il potere di stabilire e indicare quali atti a “valore
legale” siano validamente depositabili in via telematica, limitandosi le norme
(in particolare l'art. 35 del DM 44/2011) a indicare che a tale organo spetti
esclusivamente di accertare e dichiarare “l'installazione e l'idoneità' delle
attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità' dei servizi di
comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio".
Riassumendo,
nel nostro ordinamento giuridico:
non esiste norma che conferisca a DGSIA il
potere di indicare quali siano gli atti da depositarsi telematicamente e,
non esiste norma che preveda e riconosca
giuridicamente quello che, impropriamente, viene definito “valore legale”.
Il
Giudicante, erroneamente, ritiene invece di avvalersi di questo elemento di
valutazione per poter dichiarare non legittimo l’invio telematico della
comparsa di costituzione e risposta poiché avvenuto mediante uno strumento di
comunicazione privo di valore legale con conseguente declaratoria di
inammissibilità della comparsa di costituzione per non essere questo specifico
atto processuale ricompreso nel decreto di cui all’art. 35, DM 44/11.
Si
omette ogni commento in merito al fatto che, ad avviso del Giudice di Padova,
sarebbe altresì privo di valore legale anche lo strumento di comunicazione
evidenziando, sul punto, solo che di tale mezzo è proprio DGSIA ad attestarne,
con decreto dirigenziale, l’installazione e l’idoneità.
Ad
avviso del Giudice, mancando presso il Tribunale di Padova, l’autorizzazione ex
art. 35, DM 44/11 per il deposito telematico della comparsa di costituzione e
risposta lo stesso, ai fini della sua ammissibilità, deve essere considerato,
per analogia, a quello del deposito cartaceo inviato a mezzo posta essendo la
mail certificata, così come la raccomandata, due mezzi di comunicazione e,
conseguentemente, valutarne la legittimità applicando la disciplina generale
sulla costituzione delle parti così come disposta dagli artt. 166 e 167 c.p.c.
nel giudizio ordinario di cognizione.
A
tal proposito il Giudice osserva che:
1) in tali articoli nessun riferimento
viene fatto al PCT;
2) il deposito cartaceo in cancelleria,
consentendo a quest’ultima il controllo dei documenti offerti in comunicazione,
sarebbe posto anche e soprattutto a garanzia della regolarità del
contraddittorio in assenza del quale non potrebbe darsi corso al procedimento
essendo il contraddittorio direttamente tutelato dal secondo comma dell’art.
111 della Costituzione.
Nel
rilevare ciò il Giudicante equiparando, in sostanza, il deposito effettuato
tramite servizio postale con quello effettuato tramite PCT, dimentica che, in
quest’ultimo, si ha un duplice controllo: il primo, effettuato automaticamente
dal software del Ministero della Giustizia a seguito del quale viene inviata al
mittente una PEC contenente i relativi esiti e, il secondo, da parte della
cancelleria la quale, dopo averlo effettuato, accetta definitivamente l’atto
inviato telematicamente comunicando al mittente il perfezionamento del
deposito; a ciò si aggiunga che, quanto depositato telematicamente è, dopo
l’accettazione del cancelliere, immediatamente visibile alle altre parti
costituite mediante il sistema “Polisweb” con il vantaggio che le stesse parti
possono effettuare tutti i controlli in relazione a quanto depositato dalla
controparte senza doversi recare fisicamente in cancelleria e quindi con
modalità più agevole e rapida rispetto al deposito tradizionale.
Per
quanto sopra evidenziato appare, da una parte, non appropriato il riferimento
del Giudicante alla sentenza della Corte di Cassazione 21 maggio 2013, n. 12391
e, dall’altra, non si comprende il motivo per il quale non abbia, il medesimo,
tenuto nella dovuta considerazione quanto stabilito dalla Corte di Cassazione,
Sezione Civile, SS.UU., sentenza 4 marzo 2009, n. 5160 la quale, evidenziava
che:
il principio di libertà delle forme deriva
dalla circostanza che tutte le forme degli atti del processo sono previste non
per la realizzazione di un fine proprio ed autonomo, ma allo scopo del
raggiungimento di un certo risultato, con la conseguenza che l’eventuale
inosservanza della prescrizione formale sarebbe comunque irrilevante ove l’atto
viziato raggiunga ugualmente lo scopo cui era destinato;
le norme che prevedono il deposito degli
atti in cancelleria non ne specificano anche il modo e comunque non è, in
particolare, richiesto espressamente il contatto personale tra il depositante e
cancelliere;
il ricorso al mezzo postale non pregiudica
le esigenze di controllo e semmai risponde ad esigenze di maggiore certezza,
tanto da essere utilizzato anche per le notificazioni, dovendosi comunque, in
ultima analisi, darsi rilievo all’intervenuto raggiungimento dello scopo,
avendo il cancelliere ricevuto il fascicolo e avendo valutato regolare il suo
contenuto e il suo deposito.
Pertanto,
la Suprema Corte
esclude categoricamente che si sia in presenza di una difformità dallo schema
formale tale da far ritenere l’atto inesistente e del tutto improduttivo di
effetti giuridici, se alla fine del procedimento, pur difforme dallo schema di
legge, il plico perviene al cancelliere, che ben può compiere tutte le attività
necessarie ai fini del controllo della ritualità della documentazione; al
riguardo si osserva anche che il deposito in cancelleria può essere effettuato
anche da parte di un soggetto diverso dal procuratore della parte, e che lo
strumento del deposito a mezzo posta non è sconosciuto al processo civile.
Le
stesse considerazioni così come enunciate dalla Suprema Corte a SS.UU. con la
sentenza 4 marzo 2009, n. 5160, non possono non estendersi anche al deposito
effettuato tramite PCT, ove per assurdo, si condivida il ragionamento del
Giudice del Tribunale di Padova per il quale, l’art. 35 del DM 44/11, oltre a
disporre al comma 1 che “l'attivazione della trasmissione dei documenti
informatici da parte dei soggetti abilitati esterni e' preceduta da un decreto
dirigenziale che accerta l'installazione e l'idoneità delle attrezzature
informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei
documenti informatici nel singolo ufficio” conferisce al Direttore del anche il
potere, di indicare espressamente la tipologia degli atti per i quali sia
possibile procedere al deposito telematico.
E’
palese come l’ordinanza del 28 agosto 2014 del Tribunale di Padova, dichiari
l’inammissibilità del deposito telematico della comparsa di costituzione
sull’erroneo presupposto che l’art. 35 del DM 44/11, conferisca al Direttore
del DGSIA anche il potere (inesistente sotto il profilo normativo) di indicare
espressamente la tipologia degli atti per i quali sia possibile procedere al
deposito telematico e ciò nonostante che:
esiste nel nostro ordinamento il principio
di libertà della forma la quale non risulta essere configurata come fine a se
stessa ma quale strumento indispensabile per consentire all’atto di raggiungere
il suo scopo;
l’art. 35 del DM 44/11 nulla preveda circa
l’individuazione degli atti da depositare telematicamente;
il deposito telematico della comparsa di
costituzione sia giunto in cancelleria;
i controlli automatici abbiano dato esito
positivo;
l’atto sia stato definitivamente accettato
dal cancelliere;
l’atto e i documenti allegati fossero
disponibili nel fascicolo informatico del procedimento per la visione (e per
qualsiasi tipo di controllo) alle altre parti costituite tramite il sistema
Polisweb;
l’atto così depositato abbia, comunque,
sicuramente raggiunto il suo scopo (art. 156 c.p.c. comma 3).
Proprio
per evitare decisioni (come quella del caso in esame) “fondate” attraverso l’utilizzo
di prassi applicative dell’art. 35 DM 44/11, dalle conseguenze estremamente
pericolose sia in termini deontologici che di responsabilità professionale,
l’Avvocatura in generale ed in particolare il gruppo di lavoro della
F.I.I.F./CNF (Fondazione Italiana per l’Innovazione Forense), a conclusione
dell’attività di analisi e commento al Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 90
recante “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa
e per l'efficienza degli uffici giudiziari” ed a completamento di quanto
evidenziato e consegnato quale documentazione in sede di Tavolo permanente per
l’attuazione del Processo Civile Telematico, aveva proposto di estendere,
espressamente, la facoltatività del deposito telematico a tutte le tipologie di
atti processuali, anche al fine di consentire alle sedi virtuose di perseguire
l’obiettivo di rendere interamente informatico il fascicolo processuale, posto
che la funzionalità dei servizi informatici risulta garantita dalla circostanza
che su tutto il territorio nazionale è vigente l’obbligatorietà del deposito
telematico degli atti di cui al DL 179/12.
(Da Altalex
dell’8.9.2014. Nota di Maurizio Reale)