Trib. Lecce,
sez. GIP, sent. 8.7.2014 n° 436
Non
è più reato il mancato versamento dell’Iva per importi superiori a 50.000,00
euro e fino a 103.291,38 euro.
A
tali conclusioni è giunto il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale
di Lecce (GIP), Dott.ssa Simona Panzera, la quale, con sentenza 8 luglio 2014,
n. 436, ha
stabilito che a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale del 7 aprile
scorso – sentenza che ha dichiarato incostituzionale la predetta disposizione –
il fatto non è più previsto come reato.
Il
Giudice, in particolare, ha chiarito espressamente che “… la condotta
contestata, ossia il mancato versamento nei termini di legge dell’acconto IVA
relativo all’anno d’imposta 2007 per un ammontare pari ad euro 83.131,00 non
risulta più punibile ai sensi dell’art. 10 ter Dl.vo n. 74/2000 a seguito della
pronuncia della Corte Costituzionale n. 80/2014 del 7/04/2014.
Invero,
con la citata sentenza la Corte
ha dichiarato, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, la
illegittimità costituzionale della norma incriminatrice di cui all’art. 10 ter
Dl.vo n. 74/2000 nella parte in cui punisce l’omesso versamento dell’IVA per
importi non superiori ad euro 103.291, 38. Tanto premesso, le delineate
risultanze processuali ostano all’apertura della fase dibattimentale ed
impongono che nei confronti dell’odierno imputato venga pronunziata, ai sensi
dell’art. 425 cpp sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non è più
previsto dalla legge come reato…”
Il
GIP di Lecce, dunque, ha applicato correttamente i dettami forniti dalla Corte
Costituzionale che ha giustamente dichiarato incostituzionale la norma
penale/tributaria.
In
effetti, come appunto hanno rilevato i giudici della Corte Costituzionale, la
strategia politico-criminale del decreto legislativo n. 74/2000 era quella di
focalizzare l'intervento repressivo soprattutto sulla fase
dell'autoaccertamento del debito di imposta, ossia della dichiarazione annuale
ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
È
avvenuto, quindi, che fino al 17 settembre 2011 (data di entrata in vigore
delle modifiche introdotte dal Dl n. 138) si puniva così l'omesso versamento
dell'Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale, per importi superiori, per
ciascun periodo di imposta, a 50.000 euro mentre non risultava reato la
dichiarazione infedele e l'omessa dichiarazione dei redditi (in pratica veniva
punito il povero contribuente che dichiarava il debito Iva ma non riusciva a
pagarlo diversamente dal vero evasore che invece non presentava alcuna
dichiarazione al Fisco oppure presentava la dichiarazione indicando dati non
corretti).
Da
ciò, pertanto, è derivata la conseguenza «paradossale» evidenziata dai giudici
della Corte Costituzionale.
Ci
si augura dunque che tutti i Tribunali seguano l’orientamento del Giudice di
Lecce recependo velocemente tali dettami.
(Da Altalex
dell’8.9.2014. Nota di Matteo Sances)