Irrilevante l'indeterminatezza del male
minacciato
Perché
si possa integrare il reato di minaccia è sufficiente la semplice attitudine ad
intimorire anche se il male minacciato risulta generico come nel caso in cui ci
si limiti a dire "tu non sai chi sono io", "te la farò
pagare".
Anche
una minaccia generica come questa risulta idonea a determinare un turbamento
nella vittima perché, spiega la
Corte, "l’integrazione del reato di minaccia richiede
che si abbia una limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione
del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato alla vittima, mentre
non è necessario che uno stato di intimidazione si verifichi in concreto,
essendo sufficiente la mera attitudine della condotta ad intimorire".
Secondo la cassazione risulta anche "irrilevante l’indeterminatezza del
male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla
situazione contingente".
La
vicenda presa in esame dai giudici di Piazza Cavour riguarda una lite
intercorsa tra due donne per via di un parcheggio.
Durante
la lite l'imputata aveva detto alla persona offesa che non aveva capito con chi
aveva a che fare e che glie l'avrebbe fatta pagare.
Aveva anche aggiunto che non gli conveniva mettersi
contro di lei avendo un fidanzato avvocato.
L'imputata
aveva tentato di difendersi mettendo in risalto il carattere generico delle
parole pronunciate che, a suo dire, non sarebbero idonee a determinare nel
soggetto passivo un qualunque stato di timore.
Una
tesi che non ha fatto breccia nei giudici di Piazza Cavour secondo i quali
neppure il fatto che le due donne si siano lasciate andare ad intemperanze
verbali reciproche può fa venir meno l’autonoma rilevanza di espressioni
intimidatorie.
(Da studiocataldi.it
del 24.9.2014)