Cass.
Civ. Sez. III, sent. 29.5.2014, n. 18167
Il
29 maggio 2014, la Corte
di Cassazione si è pronunciata sulla questione riguardante la responsabilità
del Comune in seguito alla caduta di un minore da una giostra sita all’interno
di un giardino.
Nel
caso in esame, gli attori chiedevano al Tribunale di Lanciano la condanna del
Comune al risarcimento dei danni conseguenti ad una caduta del figlio minore
mentre stava giocando su un cavallo a dondolo in un parco comunale, riportando
danni permanenti al volto. Il Tribunale rigettava la domanda compensando le
spese.
La Corte d’Appello dell’Aquila respingeva l’appello dei
genitori, confermando la sentenza impugnata e condannando gli appellanti alle
spese.
Pur
dovendosi applicare l’articolo 2051 del codice civile (danno cagionato da cosa
in custodia), prima il Tribunale, poi la Corte avevano rilevato che “le giostre erano
state installate di recente ed erano pienamente conformi alla normativa in tema
di sicurezza, tanto che non rappresentavano alcun potenziale pericolo per
l’incolumità fisica dei bambini”.
Nel
caso di specie, secondo i giudici, l’incidente era da ricondursi
all’insufficiente attenzione da parte della madre del piccolo, sicché il danno
non poteva essere ricondotto a responsabilità del Comune.
Gli
attori, quindi, hanno proposto ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello
dell’Aquila, seguito da un controricorso del Comune.
Ricordiamo
che la Corte Suprema
si è pronunciata svariate volte su casi simili. In proposito sono da citare la Sentenza del 6 agosto
1997, n. 7276, che riguardava il caso di un minore caduto da un’altalena in un
parco comunale, e la recentissima Sentenza del 26 maggio 2014, n. 11657,
relativa alla caduta da uno scivolo all’interno di un giardino comunale in ora
notturna.
Nei
casi richiamati, la
Cassazione ha affermato che l’utilizzo delle strutture
esistenti in un parco giochi non si connota, di per se, per una particolare
pericolosità, se non quella che normalmente deriva da simili attrezzature, le
quali presuppongono, comunque, una qualche vigilanza da parte degli adulti.
Dunque,
la Corte
sottolinea che un genitore, o comunque un adulto, che accompagna un bambino in
un parco giochi deve tener presenti i rischi che ciò comporta, non potendo poi
invocare come fonte dell’altrui responsabilità l’esistenza di una situazione di
pericolo che egli era tenuto doverosamente a calcolare.
In
forza delle suddette motivazioni, la Corte Suprema ha rigettato il ricorso, in quanto
non sussiste alcuna violazione di legge nella sentenza impugnata, e condanna i
ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.
Francesca Russo (da
filodiritto.com del 12.9.2014)