Cass. Civ., SS.UU., sent. 19.11.2012 n° 20219
E’ legittima la sospensione dall’esercizio professionale, disposta dal Consiglio di appartenenza, dell’avvocato iscritto all’albo ma non alla Cassa forense, in caso di mancata presentazione del Modello 5.
È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 13 marzo - 19 novembre 2012, n. 20219, intervenendo nuovamente sul tema.
Nella fattispecie un avvocato, sanzionato dal Consiglio dell'Ordine di appartenenza con la sospensione a tempo indeterminato dall'esercizio della professione per aver omesso di inviare il c.d. "Modello 5", ricorreva dapprima al C.N.F., che respingeva il ricorso, e poi in Cassazione.
In particolare, il ricorrente sosteneva che il Consiglio dell’Ordine aveva erroneamente ritenuto sussistere nei suoi confronti l’obbligo di inviare il c.d. modello 5 di cui all’art. 17 legge del 1980, n. 576, non essendo egli iscritto alla Cassa, ma alla Gestione separata INPS. A tal fine, richiamava alcune pronunce della Corte di legittimità, Sez. Lavoro, che hanno affermato la necessità, per la sussistenza dell’obbligo di comunicazione in questione, del concorrente requisito dell’iscrizione all’albo professionale e alla Cassa forense sia per gli avvocati sia per i praticanti procuratori.
Le Sezioni Unite hanno confermato la decisione del C.F.N., ritenendo non necessario il requisito dell’iscrizione alla Cassa per gli avvocati iscritti all’albo.
Innanzitutto, ad avviso degli ermellini, occorre considerare la lettera della norma: il comma 1 dell’art. 17, L . 576/1980 prevede per "tutti gli iscritti agli albi degli avvocati e dei procuratori nonché i praticanti procuratori iscritti alla Cassa” l’obbligo di comunicare alla Cassa, entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, l’ “ammontare del reddito professionale di cui all’art. 10 dichiarato ai fini IRPEF per l’anno precedente nonché il volume complessivo d' affari di cui all’art. 11 dichiarato ai fini dell’IVA per il medesimo anno”.
Al di là del dato letterale, ad avviso della Corte, una diversa interpretazione condurrebbe all’illogica conseguenza che l’avvocato iscritto alla Cassa, che omette però l’invio della comunicazione obbligatoria, commette infrazione disciplinare a norma dell’art. 17, comma 5, L . 576/1980, mentre l’avvocato che non ottempera all’obbligo di domandare l’iscrizione alla Cassa al verificarsi delle condizioni previste all’art. 22, L . 576/1980 (esercizio continuativo dell’attività libero - professionale) sarebbe esonerato dall’osservanza dell’obbligo delle comunicazioni obbligatorie.
Peraltro, come ha avuto modo di osservare la Corte in un precedente intervento sempre a Sezioni Unite (sentenza 07.06.2012, n. 9184), il modello 5 consente alla Cassa di conoscere i flussi di reddito dei professionisti in questione, al fine non solo di determinare i contributi dovuti da chi già risulti iscritto, ma anche di accertare i requisiti reddituali o di volume d’affari in presenza dei quali, per gli avvocati non ancora iscritti sorge l’obbligo dell’iscrizione (cui provvede in via sostitutiva e d’ufficio, nei casi di mancata domanda dell’interessato la giunta esecutiva dell’ente, ai sensi del già citato art. 22, L . 576 1980).
Ad ulteriore conferma di tale conclusione interpretativa, la sentenza in commento richiama l’art. 1 del decreto 22 maggio 1997, che stabilisce che la comunicazione prescritta dall’art. 17 deve esser inviata da tutti gli avvocati che risultino iscritti, anche per frazione di anno, negli albi professionali nell’anno anteriore a quello di dichiarazione; la stessa comunicazione deve essere inviata dai praticanti procuratori abilitati che risultino iscritti alla Cassa nell’anno anteriore a quello della dichiarazione.
La norma aggiunge che per questi professionisti non sono ammesse deroghe all’obbligo dell’invio delle comunicazioni: ad esempio non hanno rilievo alcuno la mancanza di una partita IVA, l’inesistenza di reddito o di volume di affari, l’iscrizione al solo albo speciale dei cassazionisti, la non conoscenza dell’obbligo per carenze informative.
In conclusione, nel caso di specie correttamente si è fatta applicazione di quanto prescrive il comma 5 dell’art. 17, L . 576/1980 per cui “In ogni caso la perdurante omissione o la mancata rettifica della comunicazione, trascorsi 60 giorni da una diffida notificata a cura della Cassa per mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, vanno segnalate al Consiglio dell’Ordine ai fini della sospensione dell’iscritto dall’esercizio professionale a tempo indeterminato, da deliberarsi con le forme del procedimento disciplinare e con applicazione del terzo comma dell’art. 2 della legge 3 agosto 1949, n. 536” , tenuto conto che “la sospensione è revocata quando l’interessato dimostra di aver provveduto all’invio della comunicazione dovuta”.
(Da Altalex del 29.11.2012. Nota di Giuseppina Mattiello)