Consiglio di Stato sez. VI, sent. 28.11.2012 n° 6014
La sesta sezione del Consiglio di Stato ha recentemente emesso l’importate pronuncia che qui si annota, il cui impatto sulle casse private risulta assai incisivo, in quanto – riformando la decisione di primo grado del Tar Lazio - è stata affermata la legittimità del provvedimento dell’ISTAT che aveva inserito, fra gli altri, anche le casse private nell’elenco annuale delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato.
L’inserimento in tale elenco, peraltro, è funzionale al conseguimento di obiettivi di finanza pubblica e, in particolare, di contenimento delle spese.
La vicenda che ha condotto alla sentenza in questione prende origine direttamente dal dato normativo di cui all’art. 1, comma 5, legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), rubricato “limite all’incremento delle spese delle pubbliche amministrazioni”, il quale aveva disposto che “al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di aggiornamento, per il triennio 2005-2007 la spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l'anno 2005 nell'elenco 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica”.
Tra le amministrazioni pubbliche inserite nell’elenco allegato alla legge il Legislatore aveva compreso gli “Enti nazionali di previdenza e assistenza”, senza ulteriori specificazioni. Tuttavia, in attuazione della disposizione richiamata, a decorrere dall’anno 2006 e in sostituzione dell’elenco direttamente previsto dalla legge, l’Istat ha provveduto a individuare le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato con provvedimento del 29 luglio 2005: e in tale elenco sono espressamente menzionate tutte le Casse previdenziali privatizzate con d.lgs. n. 509 del 1994.
A fronte del ricorso proposto dalla Casse private, il giudice di primo grado aveva disposto l’annullamento del provvedimento emanato dall’Istat.
Il Consiglio di Stato, invece, ha ritenuto corretto l’operato dell’Istat valutando che l’inserimento delle casse private nell’elenco delle amministrazioni pubbliche sia fondato su significativi elementi giuridici.
In particolare, il percorso argomentativo fatto proprio da Consiglio di Stato si avvia con la considerazione secondo cui la privatizzazione degli enti previdenziali operata dal d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, ha riguardato il solo regime della loro personalità giuridica, lasciando invece ferma l'obbligatorietà dell'iscrizione e della contribuzione. Oltre a ciò è rimasta altresì ferma la natura di pubblico servizio, in coerenza con l’art. 38 Cost., dell’attività da essi svolte. Sempre nella predetta fonte normativa di privatizzazione era previsto il potere di ingerenza e di vigilanza ministeriale; circostanza, questa, dalla quale deriva il permanere il controllo della Corte dei conti sulla gestione per assicurarne la legalità e l'efficacia.
Oltre a ciò, il Consiglio di Stato ha rilevato come “il finanziamento connesso con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali, insieme alla obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione, garantiti agli Enti previdenziali privatizzati dall’art. 1 comma 3 del predetto decreto legislativo, valgono a configurare un sistema di finanziamento pubblico, sia pure indiretto e mediato attraverso risorse comunque distolte dal cumulo di quelle destinate a fini generali”. In sostanza, le casse privatizzate, per tramite della contribuzione obbligatoria dei propri iscritti (contribuzione peraltro sostitutiva rispetto a quella altrimenti comunque dovuta) risultano beneficiarie in modo indiretto di finanziamenti pubblici.
Aggiunge infine il Consiglio di Stato che anche disposizioni normative sopravvenute confermano la correttezza di questa impostazione.
Infatti ricorda il consiglio di Stato come il settore della previdenza privata sia stato attratto dalla normativa dettata in tema di controllo del disavanzo del settore.
Le conclusioni a cui giunge il giudice di secondo grado sono dunque nette nell’affermare che “La trasformazione operata dal d.lgs. 509/1994 ha lasciato, quindi, immutato il carattere pubblicistico dell'attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli Enti in esame, che conservano una funzione strettamente correlata all’interesse pubblico, costituendo la privatizzazione una innovazione di carattere essenzialmente organizzativo.”
Da ciò, dunque la legittimità della qualificazione delle casse private come amministrazioni pubbliche. Cosa, questa, che fa conseguire ulteriori – e rilevanti – ricadute sulle casse private, le quali saranno obbligate al rispetto di tutte le misure di contenimento della spesa pubblica adottate di volta in volta dal lagislatore, il quale sovente, per indicare i soggetti destinatari degli obblighi di riduzione della spesa, fa espresso riferimento proprio all’elenco elaborato annualmente dall’Istat.
(Da Altalex del 4.12.2012. Nota di Riccardo Bianchini)