La Corte Costituzionale, con l’importante e
condivisibile sentenza n. 258 del 19/11/2012, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del terzo comma (corrispondente all’attualmente vigente quarto
comma) dell’art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla
riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui stabilisce che la
notificazione della cartella di pagamento «Nei casi previsti dall’art. 140 del
codice di procedura civile (…) si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60
del DPR 29 settembre 1973, n. 600», anziché «Nei casi in cui nel comune nel
quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda
del destinatario (…) si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60, primo
comma, alinea e lettera e), del DPR 29 settembre, n. 600».
Per comprendere l’importanza della suddetta sentenza,
è opportuno fare un excursus giuridico delle varie forme di notifica sino ad
ora adottate dal concessionario e dagli uffici fiscali sia per quanto riguarda
gli avvisi di accertamento che le cartelle esattoriali.
A) NOTIFICA DEGLI AVVISI DI ACCERTAMENTO
Per la notifica degli avvisi di accertamento la
normativa prevede, ai fini fiscali, una diversa disciplina a secondo che si
tratti di irreperibilità relativa del contribuente o irreperibilità assoluta
del contribuente.
1. Nelle ipotesi di irreperibilità relativa del
contribuente è applicabile soltanto l’art. 140 c.p.c., che testualmente
dispone: «Se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per
incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’articolo precedente,
l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la
notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e
sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del
destinatario e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento».
A tal proposito, è opportuno ricordare che la Corte
Costituzionale, con sentenza n. 3 del 14/01/2010, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del suddetto articolo nella parte in cui prevede che la notifica
si perfezioni per il destinatario, con la spedizione della raccomandata
informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci
giorni dalla relativa spedizione.
L’applicazione del suddetto art. 140 c.p.c. è
tassativamente prevista, ai fini fiscali, anche dall’art. 60, comma 1, DPR n.
600/1973.
Le formalità previste per la notifica di cui al
succitato art. 140 c.p.c. (deposito della copia nella casa comunale, affissione
dell’avviso di deposito ed invio della raccomandata), in quanto organicamente
coordinate tra di loro, hanno tutte carattere essenziale e, come tali, è
condizionata al loro integrale adempimento l’efficacia giuridica della notifica
stessa (Cassazione, sentenza n. 359 del 14/01/2002).
Infatti, i suddetti adempimenti sono essenziali per
la costituzione della fattispecie notificatoria, sicchè la loro mancanza non
può considerarsi un semplice vizio ab estrinseco, con mera efficacia
invalidante del processo notificatorio e come tale suscettibile di sanatoria,
ma si risolve nella mancanza di un elemento essenziale di esso ed esclude in
radice che la notificazione possa ritenersi eseguita, neppure in forma viziata,
giacchè l’ipotesi del vizio presuppone pur sempre un procedimento completato
nei suoi momenti strutturali fondamentali.
Tale disciplina manifestamente non si pone in
contrasto né con l’art. 24, comma 2, della Costituzione, in quanto
l’adempimento di tutte queste formalità è necessario per la tutela del
destinatario dell’atto e non è gravoso, risolvendosi in formalità di mera
esecuzione, né con l’art. 3 della Costituzione, che prevede la sanatoria nelle
varie ipotesi di irregolarità delle notificazioni, in quanto il principio della
sanatoria previsto da quest’ultima disposizione si riferisce a fattispecie che
non riguardano la radicale inesistenza della notificazione, come nella
fattispecie di cui al succitato art. 140 (Cassazione, sentenze n. 4840 del
27/07/1981, n. 221 del 14/01/1982).
A norma dell’art. 138 c.p.c., può considerarsi
equipollente alla notificazione effettuata in mani proprie il rifiuto di
ricevere la copia dell’atto soltanto se proveniente dal destinatario della
notificazione medesima o dal domiciliatario (stante l’assimilazione, stabilita
dall’art. 141, comma 3, c.p.c. tra la consegna a mani proprie del destinatario
e quella in mani proprie del domiciliatario); detta equipollenza non opera,
pertanto, allorchè il rifiuto provenga da persona che, non essendo stato
reperito il destinatario in uno dei luoghi di cui all’art. 139, comma 1 c.p.c.,
sia compresa nel novero di quelle tuttavia abilitate, ai sensi del secondo
comma della medesima disposizione, alla ricezione dell’atto, sicchè detto
rifiuto comporta la necessità di eseguire le formalità prescritte dall’art. 140
c.p.c. la cui omissione determina l’inesistenza della notificazione stessa
(Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 9325 del 26/06/2002).
Infatti, si ha l’ipotesi dell’inesistenza della
notifica quando la stessa si traduce in un atto totalmente difforme dal modello
legale (Cassazione, sentenza n. 7219 del 17/05/2002).
Ultimamente, la Corte di Cassazione, Sezione
Tributaria, con la sentenza n. 11713 del 27/05/2011, ha stabilito che in caso
di omissione di uno dei tre adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c. (nella
specie, mancata affissione dell’avviso della porta dell’abitazione), la
notificazione è tuttavia nulla, e non inesistente (per tutte, Cassazione n.
16141/2005 e Cassazione n. 4307/1999).
E la nullità resta, in ogni caso, sanata dalla
ricezione della raccomandata da parte del destinatario, l’effetto sanante in
tal caso realizzandosi nel momento di tale ricezione (Cassazione n. 5450/2005).
L’art. 140 cod. proc. civ. richiede, per il
perfezionamento del procedimento notificatorio in caso di irreperibilità o
rifiuto di ricevere la copia da parte delle persone indicate nell’art. 139 cod.
proc. civ., il compimento di talune formalità (deposito nella casa comunale,
affissione dell’avviso alla porta del destinatario, invio di raccomandata con
avviso di ricevimento), la cui essenzialità è pacifica in giurisprudenza e
viene qui ribadita, ma non postula affatto che del compimento di tali formalità
l’agente notificatore debba dare atto con formule sacramentali, esattamente
corrispondenti al tenore testuale della norma.
La relata di notificazione va, in altre parole,
interpretata attribuendo a ciascuna parte di essa il senso che risulta dal
complesso dell’atto (art. 1363 cod. civ.) e non certo sulla base di una
considerazione “atomistica” delle parti che la compongono. Ne consegue che, ove
l’agente notificatore dichiari di effettuare la notificazione di un atto ai
sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., l’attestazione di avere “rilasciato avviso
sul luogo del destinatario” non può essere interpretata in altro modo, secondo
buona fede, se non nel senso che detto avviso è stato rilasciato nelle forme
previste dal citato art. 140 cod. proc. civ., e cioè mediante affissione sulla
porta del destinatario, essendo ogni diversa interpretazione contraria alle
usuali regole di ermeneutica contrattuale, applicabili, nei limiti della
compatibilità, agli atti amministrativi (Cassazione, Sezione Tributaria, n.
3426 del 12/02/2010).
Nelle ipotesi di notificazione eseguita ai sensi del
succitato art. 140 c.p.c., la relata di notifica fa fede fino a querela di
falso in ordine all’attestazione delle operazioni compiute ed al contenuto
estrinseco delle dichiarazioni ricevute dal messo notificatore, mentre
l’attestazione che il luogo della notificazione fosse l’abitazione del
notificando, in quanto risultante da attività meramente informativa, non può
considerarsi assistita dalla fede pubblica privilegiata, ben potendo essere
dimostrata non rispondente a verità con ogni mezzo di prova (Cassazione,
sentenza n. 4844 del 24/04/1993).
2. Nelle ipotesi di irreperibilità assoluta del
contribuente è applicabile, invece, soltanto l’art. 60, comma 1, lett. e),
D.P.R. n. 600/73, che testualmente dispone, nella specifica materia fiscale:
«Quando nel comune nel quale deve eseguirsi la
notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso
del deposito prescritto dall’art. 140 del codice di procedura civile, in busta
chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini
della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo
giorno successivo a quello di affissione» (a seguito delle modifiche inserite
dall’art. 174, comma 4, del D.Lgs. n. 196 del 30/06/2003, a decorrere dal 1°
gennaio 2004).
Secondo la costante giurisprudenza della Corte di
Cassazione, la notificazione dell’avviso di accertamento tributario deve essere
effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 cod. proc. civ. quando siano
conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario ma non si sia potuto
eseguire la consegna perchè questi (o altro possibile consegnatario) non è
stato rinvenuto in detto indirizzo, da dove tuttavia non risulta trasferito;
mentre, deve essere effettuata applicando la disciplina di cui al D.P.R. n. 600
del 1973, art. 60, lett. e), sostitutivo, per il procedimento tributario,
dell’art. 143 cod. proc. civ., quando il messo notificatore non reperisca il
contribuente che, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulti trasferito
in luogo sconosciuto (v. tra le altre Cass. n. 10189/2003, n. 7268/2002, n.
10799/1999, n. 4587/1997).
Poiché l’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 non
esclude l’applicabilità dell’art. 140 c.p.c., e non prevede neppure
implicitamente una diversa disciplina per le ipotesi contemplate nella suddetta
disposizione del codice, deve invero ritenersi, in virtù del generale richiamo
alla disciplina stabilita dall’art. 137 e ss. c.p.c., che nel caso di assenza,
incapacità o rifiuto di ricevere la copia da parte delle persone indicate
dall’art. 139 c.p.c., la notifica vada effettuata, a norma del citato art. 140
c.p.c., seguendo esattamente la procedura ivi indicata (deposito di copia,
affissione di avviso di deposito e invio di raccomandata), mentre solo nella
diversa ipotesi in cui il contribuente risulti trasferito in luogo sconosciuto,
disciplinata nel codice di rito dall’art. 143 c.p.c., poiché tale norma è stata
espressamente esclusa da quelle applicabili, occorre fare riferimento alla
specifica disciplina dettata dal D.P.R. n. 600/73 citato, art. 60, lett. e)
(Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, sentenze n. 10177 del 04/05/2009 e n.
28698 del 03/12/2008).
In definitiva, deve rammentarsi un nutrito
orientamento della Corte di Cassazione secondo il quale la notificazione ai
sensi del succitato art. 60, lett. e), è valida soltanto se non sia
effettivamente possibile reperire l’abitazione, l’ufficio o l’azienda del
contribuente nel comune ove il medesimo ha il domicilio fiscale, malgrado le
ricerche del messo notificatore, sempre che queste, secondo giudizio di fatto
insindacabile in sede di legittimità, siano state sufficienti (Cassazione,
Sezione Tributaria, sentenza n. 22677 del 25/10/2007 e sentenze n. 7120/2003,
n. 5100/1997, n. 4654/1997, n. 8363/1993).
In ogni caso, l’interpretazione del documento
contenente l’attestazione del messo notificatore spetta soltanto al giudice di
merito, al quale compete altresì la valutazione circa la sufficienza o meno
delle ricerche effettuate dal messo notificatore prima di procedere alla
notifica, ai sensi dell’art. 60, lett. e), D.P.R. n. 600/1973, valutazione che
costituisce giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità (Cassazione,
sentenza n. 5100 del 1997).
È vero che l’attestazione de qua rappresenta il
frutto di informazioni assunte dal messo notificatorio presso terzi e che,
secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, la relata di
notificazione di un atto fa fede fino a querela di falso per le attestazioni
che riguardano l’attività svolta dall’ufficiale giudiziario precedente, la
constatazione di fatti avvenuti in sua presenza ed il ricevimento delle
dichiarazioni resegli, limitatamente al loro contenuto estrinseco, ma fa fede,
invece, fino a prova contraria per tutte le altre attestazioni che non siano
frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale, bensì, per esempio, di
informazioni da lui assunte o di indicazioni fornitegli da altri (v., tra
numerose altre, Cass. n. 3403 del 1996 e n. 4590 del 2000); tuttavia è,
innanzitutto, da evidenziare che l’eventuale prova contraria offerta (nella
specie, ovviamente, documentale) deve essere valutata dal giudice di merito e
che la relativa valutazione è censurabile in Cassazione solo per vizi di
motivazione (in tal senso, Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, sentenza n.
20425 del 28/09/2007).
3. Tutto quanto sopra esposto è applicabile anche per
le notifiche alle persone giuridiche, ai sensi e per gli effetti dell’art. 145
c.p.c. (come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. c), nn. 1, 2 e 3, della
Legge 28/12/2005 n. 263), che al terzo comma testualmente dispone:
«Se la notificazione non può essere eseguita a norma
dei commi precedenti, la notificazione alla persona fisica indicata nell’atto,
che rappresenta l’ente, può essere eseguita anche a norma degli articoli 140 o
143».
A tal proposito, la Corte di Cassazione – Sezione
tributaria –, con la sentenza n. 8637 del 30/05/2012, ha precisato che in
riferimento alla notifica di atti alle società commerciali, il necessario
coordinamento di tale disciplina con quella di cui all’art. 145 c.p.c.
comporta, peraltro, che, in caso di impossibilità di eseguire la notificazione
presso la sede sociale, il criterio sussidiario della notificazione alla
persona fisica che la rappresenta è applicabile (con prevalenza sulle
previsioni di cui all’art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600/1973) soltanto
se tale persona fisica, oltre ad essere identificata nell’atto, risiede nel
comune in cui l’ente ha il suo domicilio fiscale (in tal senso, anche Cassazione,
sentenze n. 15856/09, n. 5483/08 e n. 3618/06).
In caso contrario, non potrà che farsi ricorso sempre
e soltanto al criterio di cui all’art. 60, lett. e), citato più volte
(affissione nell’albo del comune del luogo in cui la società contribuente ha il
domicilio fiscale) come precisato dalla Corte di Cassazione – Sesta Sezione
Civile – con la sentenza n. 13016 del 24/07/2012.
B) NOTIFICA DELLE CARTELLE ESATTORIALI
Per la notifica delle cartelle esattoriali in caso di
irreperibilità del contribuente, prima dell’intervento della Corte
Costituzionale succitato, l’art. 26, comma 4 (prima comma 3), D.P.R. n. 602 del
29/09/1973, testualmente disponeva:
«Nei casi previsti dall’art. 140 del codice di
procedura civile, la notificazione della cartella di pagamento si effettua con
le modalità stabilite dall’art. 60 del D.P.R. 29/09/1973, n. 600 e si ha per
eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso
nell’albo del comune».
Come emerge dalla sopra ricordata ricostruzione del
quadro normativo in cui si inseriscono le censurate disposizioni, nelle ipotesi
di irreperibilità meramente “relativa” del destinatario (cioè «nei casi
previsti dall’art. 140 del codice di procedura civile», come recita il
denunciato terzo comma dell’art. 26 del DPR n. 602 del 1973), la cartella di
pagamento andava notificata applicando non l’art. 140 cod. proc. civ. ma le
formalità previste per la notificazione degli atti di accertamento a
destinatari “assolutamente” irreperibili (lettera e, del primo comma dell’art.
60 del DPR n. 600 del 1973). Pertanto, nonostante che il domicilio fiscale
fosse noto ed effettivo, non erano necessarie, per la validità della
notificazione della cartella, né l’affissione dell’avviso di deposito alla
porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario né la
comunicazione del deposito mediante lettera raccomandata con avviso di
ricevimento.
Inoltre, in forza dell’ultimo comma (quinto comma,
trasfuso nel più ampio attuale sesto comma) dell’art. 26 del D.P.R. n. 602 del
1973 secondo cui «per quanto non è regolato dal presente articolo, si applicano
le disposizioni dell’art. 60 nel predetto decreto n. 600 del 1973», le sopra
ricordate modalità di notificazioni previste dalla menzionata lett. e) del
primo comma dell’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 erano applicabili non solo,
come visto, nelle ipotesi in cui il destinatario della cartella di pagamento
era solo “relativamente” irreperibile («nei casi previsti dall’art. 140 cod.
proc. civ.») ma anche in quella in cui detto destinatario era “assolutamente”
(cioè oggettivamente e permanentemente) irreperibile.
In sostanza, da quanto sopra esposto, risultava che
la notificazione, prima dell’intervento della Corte Costituzionale, si poteva
eseguire con modalità diverse, a seconda che l’atto da notificare fosse un
avviso di accertamento oppure una cartella di pagamento: nel primo caso, si
applicavano le modalità previste dall’art. 140 c.p.c.; nel secondo caso, quelle
previste dalla lett. e) del primo comma dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/73,
creando un’assurda disparità di trattamento.
Infatti, prima dell’intervento della Corte
Costituzionale per la notifica delle cartelle esattoriali il concessionario non
doveva fare differenza tra l’irreperibilità “relativa” e quella “assoluta”,
dovendo rispettare soltanto la specifica procedura dell’art. 26 citato,
estremamente penalizzante per il contribuente destinatario dell’atto.
La suddetta diversità della disciplina di una
medesima situazione (notificazione a soggetto “relativamente irreperibile”) non
è apparsa alla Corte Costituzionale riconducibile ad alcuna ragionevole ratio,
con violazione dell’art. 3 della Costituzione.
Per ricondurre a ragionevolezza il sistema, è stato
necessario, pertanto, nel caso di irreperibilità “relativa del destinatario”,
uniformare le modalità di notificazione degli atti di accertamento e delle
cartelle di pagamento.
Appunto per questo la Corte Costituzionale, con la
più volte citata sentenza n. 258/2012, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del terzo comma (corrispondente all’attualmente vigente quarto
comma) dell’art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla
riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui stabilisce che la
notificazione della cartella di pagamento «Nei casi previsti dall’art. 140 del
codice di procedura civile (…) si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60
del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600», anziché «Nei casi in cui nel comune nel
quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda
del destinatario (…) si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60, primo
comma, alinea e lettera e), del D.P.R. 29 settembre, n. 600».
Tutto quanto sopra esposto è applicabile anche per le
notifiche alle persone giuridiche, ai sensi e per gli effetti dell’art. 145
c.p.c. (come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. c), nn. 1,2 e 3, della
Legge 28/12/2005 n. 263), che al terzo comma testualmente dispone:
«Se la notificazione non può essere eseguita a norma
dei commi precedenti, la notificazione alla persona fisica indicata nell’atto,
che rappresenta l’Ente, può essere eseguita anche a norma degli articoli 140 o
143».
A tal proposito, la Corte di Cassazione – Sezione
tributaria –, con la sentenza n. 8637 del 30/05/2012, ha precisato che in
riferimento alla notifica di atti alle società commerciali, il necessario
coordinamento di tale disciplina con quella di cui all’art. 145 c.p.c.
comporta, peraltro, che, in caso di impossibilità di eseguire la notificazione
presso la sede sociale, il criterio sussidiario della notificazione alla
persona fisica che la rappresenta è applicabile (con prevalenza sulle
previsioni di cui all’art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600/1973) soltanto
se tale persona fisica, oltre ad essere identificata nell’atto, risiede nel
comune in cui l’ente ha il suo domicilio fiscale (in tal senso, anche
Cassazione, sentenze n. 15856/09, n. 5483/08 e n. 3618/06).
In caso contrario, non potrà che farsi ricorso sempre
e soltanto al criterio di cui all’art. 60, lett. e), citato più volte (affissione
nell’albo del comune del luogo in cui la società contribuente ha il domicilio
fiscale) come precisato dalla Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile – con
la sentenza n. 13016 del 24/07/2012.
L’intervento della Corte Costituzionale è da apprezzare
non solo perché parifica le modalità di notificazione sia per gli accertamenti
che per le cartelle esattoriali ma, soprattutto, perché non limita il diritto
di difesa del contribuente, consentendogli una maggiore possibilità di
conoscenza degli atti, nel rispetto soprattutto dei principi dello Statuto del
contribuente (art. 6, comma 1, della Legge 27 luglio 2000 n. 212).
Maurizio Villani (da
filodiritto.com del 5.12.2012)