Il
pignoramento immobiliare è una delle tipologie di espropriazione forzata
previste dal Titolo II del Codice di Procedura Civile (artt. 483 e ss. c.p.c.).
Affinchè
l'atto di pignoramento sia opponibile ai terzi in buona fede, occorre che
l'atto stesso sia trascritto entro 30 giorni dalla notifica.
Qualora
l'immobile che si intende pignorare sia un bene personale ex art. 179 civile
cicile o il debitore non sia coniugato, ovvero il debitore seppur coniugato sia
in regime convenzionale di separazione dei beni, nulla quaestio.
Ma
se il bene da pignorare cade in comunione legale dei beni e si è creditori
personali del singolo coniuge, come agire affinchè il pignoramento non risulti
viziato?
Sulla
questione vi è stato un acceso dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza.
La
comunione legale è ben diversa dalla comunione disciplinata ex artt. 1100 e ss.
c.c.: ed infatti, il proprietario di un bene ricadente in comunione è comproprietario
del bene stesso pro quota.
A
contrario, i coniugi sono proprietari degli immobili ricadenti in comunione
legale per intero (cfr, ex plurimis Cass. 24 luglio 2012, n. 12923; Cass., ord.
25 ottobre 2011, n. 22082; Cass. 7 marzo 2006, n. 4890).
Questa
è stata la base di partenza della pronuncia della Corte di Cassazione n.
6575/2013 che, ad oggi, sembra aver sopito la querelle.
Ed
infatti, da questa sostanziale differenza discende la diversa procedura da
seguire per effettuare correttamente un pignoramento immobiliare.
In
particolare, la Corte,
sul punto, ha affermato il seguente principio di diritto: "la natura di
comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che
l'espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o più beni) in comunione, abbia
ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento
della comunione legale limitatamente al bene staggito all'atto della sua
vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della
somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in
caso di assegnazione".
Preliminarmente,
occorrerà accertarsi dell'effettivo regime patrimoniale dei coniugi: ciò emerge
dall'estratto dell'atto di matrimonio del debitore.
In
secondo luogo, l'atto di pignoramento dovrà essere notificato al debitore e
trascritto nei suoi confronti per l'intero (quota 1/1); in più, anche l'altro
coniuge non debitore dovrà ricevere l'avviso ex art. 599 c.p.c..
Quanto
sopra, non perché al coniuge non debitore possa ascriversi un diritto ad agire
in opposizione all'esecuzione, ma poiché questi potrebbe intervenire in
giudizio eccependo che il bene pignorato eccede il valore del 50% dell'intero
patrimonio della comunione legale, affinchè, all'esito della vendita, la metà
del ricavato non potrà essere oggetto di distribuzione ai creditori.
Ed
ancora, al coniuge non debitore dovranno essere applicati gli artt. 498 e 567
c.p.c., ossia anche rispetto a quest'altro coniuge vi sarà la necessità di effettuare
l'avviso ai suoi creditori iscritti personali, nonché di allegare la
documentazione c.d. ipotecaria almeno ventennale a lui relativa.
Giova,
altresì, ricordare che il coniuge non debitore e non esecutato ha diritto a
partecipare all'acquisto dell'immobile pignorato, ex art. 604 c.p.c..
In
sintesi, il creditore personale di un coniuge non può pignorare solo la metà
dell'immobile, ma l'intero cespite in comunione, per poi soddisfarsi - in sede
di distribuzione - del ricavato, pur nei limiti della quota spettante
all'obbligato. Ciò in quanto - ricorda la Cassazione -
"ammettere un'espropriazione per la sola quota della metà (del
coniuge debitore) significherebbe consentire l'assegnazione della quota
dell'esecutato anche agli estranei, o, ancor peggio, la sua vendita giudiziaria
con l'introduzione, all'interno di un bene che per definizione è restato nella
comunione legale, di un estraneo a quest'ultima".
Da
ciò discende la messa in vendita o l'assegnazione del bene per intero e lo
scioglimento della comunione legale limitatamente a quel bene. Tale
scioglimento si perfezionerà a seguito dell'emanazione del decreto di
trasferimento, con diritto del coniuge non debitore -in applicazione dei
principi generali sulla ripartizione del ricavato dallo scioglimento della
comunione- ad ottenere il controvalore lordo del bene nel corso della medesima
procedura.
Dunque,
la procedura di espropriazione forzata di un immobile che ricada nella
comunione legale dei beni, qualora il creditore sia personale del singolo coniuge,
dovrà osservare questi passaggi.
Altrimenti,
risulterà viziata e il Giudice dell'Esecuzione dovrà dichiarare
l'improcedibilità.
Stefania A. Pedà (da
studiocataldi.it)