Corte
cost., 9.4.2014, n. 80, Pres. Silvestri, rel. Frigo
Per
la sua importanza, anche dal punto di vista pratico, pubblichiamo con
immediatezza l'attesa decisione della Corte costituzionale sull'art. 10-ter del
decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, riservandoci di pubblicare a breve
una scheda illustrativa dei contenuti del provvedimento.
Questioni
erano state sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dai
Tribunali di Bologna e Bergamo. Si era osservato, in particolare, come la norma
incriminatrice dell'omesso versamento dell'imposta, da parte di chi avesse
comunque effettuato una corretta dichiarazione del dovuto, fosse punita a
partire da una soglia quantitativa più bassa (50.000 euro) di quella fissata
per l'analoga condotta di chi non presentasse la dichiarazione Iva o ne
presentasse una fraudolenta (rispettivamente, 77.468,53 e 103.291,38 euro). Una
severità irrazionale, secondo i rimettenti, posto che il disvalore della
condotta di chi renda palese il proprio debito, con una corretta dichiarazione,
è semmai inferiore a quello di chi, omettendo la dichiarazione o
falsificandola, renda più difficoltoso l'accertamento dell'evasione compiuta.
La
situazione si è modificata, per vero, a partire dal 2011, allorquando, con
l'art. 2, comma 36-vicies semel, del decreto-legge n. 138 del 2011, aggiunto
dalla legge di conversione n. 148 del 2011, la soglia di punibilità dell'omessa
dichiarazione è stata diminuita a 30.000 euro (lettera f) e quella della
dichiarazione infedele a 50.000 euro (lettera d). Dunque, come rileva la Consulta, ad un importo
inferiore, nel primo caso, e pari, nel secondo, a quello della soglia di
punibilità dell'omesso versamento dell'Iva, rimasta per converso inalterata:
«in tal modo, la distonia dianzi evidenziata è venuta meno». Tuttavia, poiché
le nuove soglie si applicano ai soli fatti successivi alla novella (si tratta
di modifiche peggiorative del trattamento del reo), la sperequazione in danno
dei responsabili dell'omesso versamento è rimasta operante per tutti i fatti
antecedenti.
Ecco
dunque che la Corte
ha deciso di «pareggiare» la soglia di irrilevanza penale della condotta di
omesso versamento a quella vigente, nello stesso periodo, per i fatti di
dichiarazione infedele.
Di
qui la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 10-ter del
decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, «nella parte in cui, con riferimento
ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento
dell'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione
annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro
103.291,38».
GL (da
penalecontemporaneo.it del 10.4.2014)