La
natura illecita dell'abuso del diritto a fruire dei permessi per l'assistenza
dei congiunti, di cui all'art. 33,
L. 104/1992, e il ragionevole sospetto che il lavoratore
ne abbia abusato, legittimano il ricorso al controllo occulto c.d.
"difensivo" ad opera del datore di lavoro. L'uso improprio del
permesso per l'assistenza dei congiunti giustifica il licenziamento per giusta
causa in quanto compromette irrimediabilmente il vincolo fiduciario
indispensabile per la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Un
datore di lavoro si avvale di un'agenzia investigativa per "pedinare"
un proprio dipendente, sospettato di utilizzare i permessi ottenuti per
l'assistenza ai congiunti ai sensi dell'art 33 della L. 104/1992 al fine di
recarsi in vacanza. Scoperto l'illegittimo uso del permesso, il datore licenzia
il dipendente per giusta causa.
Il
dipendente impugna il licenziamento contestando, in giudizio, la liceità del
controllo operato dal datore e la conseguente utilizzabilità delle risultanze
probatorie derivanti dall'attività investigativa. In particolare, secondo il
lavoratore gli artt. 2 e 3 dello Statuto dei lavoratori legittimerebbero, in
presenza di un ragionevole sospetto, solo i controlli c.d.
"difensivi" ovvero finalizzati ad accertare gli illeciti perpetrati a
danno del patrimonio aziendale. In nessun caso, invece, il controllo potrebbe
avere ad oggetto l'attività lavorativa intesa quale adempimento
dell'obbligazione di fornire la propria prestazione lavorativa cui, a dire del
lavoratore, sarebbero riconducibili i controlli effettuati dal datore di lavoro
nel caso in esame.
Il
Tribunale in primo grado accoglie il ricorso del lavoratore mentre la Corte D'Appello
riforma la sentenza, argomentando che l'abuso del diritto di cui all'art. 33 L. 104/92 costituisce
condotta illecita, tanto nei confronti dell'Inps, che eroga la corrispondente
indennità, quanto nei confronti del datore di lavoro, il quale dall'abuso
subisce comunque un danno, sia in termini economici dovendo, comunque,
accantonare anche per i giorni di assenza il TFR, che organizzativi, dovendo
far fronte all'assenza del lavoratore. La Corte d'Appello ritiene, inoltre, che nel caso di
specie sussista anche il secondo requisito per accedere ai controlli difensivi
ovvero il ragionevole sospetto del comportamento illecito (difatti due colleghi
avevano in sede testimoniale dichiarato di aver sentito il lavoratore mentre
raccontava di essere stato in vacanza in giorni in cui lo sapevano in
permesso).
Ad
avviso del giudice di secondo grado, dalla liceità dell'accertamento difensivo
consegue l'utilizzabilità in giudizio degli esiti dello stesso e, in
definitiva, la legittimità del licenziamento per giusta causa.
La
decisione è confermata dalla Corte di Cassazione (sentenza del 8 gennaio 2014,
depositata in data 4 marzo 2014, n. 4984), la quale ribadisce la legittimità
del controllo esercitato dal datore di lavoro attraverso l'impiego dell'agenzia
investigativa e l'utilizzabilità delle relative prove. Il giudice di
legittimità, ritenendo la natura illecita dell'abuso del diritto a beneficiare
dei permessi per l'assistenza dei congiunti, esclude che il controllo
esercitato dal datore di lavoro possa, nel caso di specie, considerarsi teso ad
accertare l'adempimento della prestazione lavorativa, in quanto effettuato al
di fuori dell'orario di lavoro e in fase di sospensione dell'obbligazione
principale di rendere la prestazione lavorativa.
L'utilizzo
da parte del dipendente di permessi con finalità assistenziale per scopi
diversi, secondo la
Suprema Corte costituisce poi comportamento idoneo a ledere
irrimediabilmente il rapporto fiduciario, con conseguente legittimità del
licenziamento per giusta causa, condividendo sul punto la decisione del Giudice
d'Appello, adeguatamente motivata anche in relazione ai generali principi della
"coscienza generale".
Su
quest'ultimo punto, la Corte
ha cura di ricordare come l'art. 2119 sia una norma c.d. elastica, tale per cui
la giusta causa rappresenta un "modello generico", capace di
adeguarsi a una realtà mutevole nel tempo e che necessita quindi di essere
specificato in sede interpretativa.
Luisa Mian, Bonelli
Erede Pappalardo, Leila Bianchi (da ilsole24ore.com del 7.4.2014)