Cass., VI sez. Penale, sent. 39851/2015
Nonostante
la situazione lavorativa "precaria" e saltuaria, è confermata la
condanna a tre mesi di reclusione ed euro 260,00 di multa per il padre che si
sottrae all'obbligo di versamento
dell'assegno di mantenimento.
I
giudici della Corte di Cassazione, VI sez. penale, hanno così deciso nella
sentenza n. 39851/2015 sul ricorso di un uomo che aveva
omesso di versare l'assegno di mantenimento (dell'importo di euro seicento
mensili) nei confronti di moglie e figli nell'intero arco temporale ricompreso
fra l'agosto 2008 e l'aprile 2009, salvo un parziale adempimento per la somma
di euro 640,00.
Il
ricorrente precisa di non aver avuto alcuna volontà di sottrarsi all'obbligo di
versamento del mantenimento, per non ha potuto provvedervi per oggettiva
impossibilità considerando la precarietà delle sue condizioni di lavoro e della
indisponibilità di un reddito costante nel tempo.
In
aggiunta l'uomo afferma di aver comunque provveduto all'acquisto di generi di
prima necessità e di un mezzo di trasporto per consentire gli spostamenti dei
propri figli.
Per
gli Ermellini il ricorso è tuttavia inammissibile, poiché teso ad una
rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali già svolte nei
precedenti gradi di giudizio.
La
Suprema Corte ritiene
puntuale la ricostruzione svolta in merito, poiché esattamente i giudici hanno
posto in rilievo il dato oggettivo che l'imputato, benché svolgesse attività
lavorativa, sia pure in modo saltuario, ha fatto mancare con la sua condotta i
mezzi di sussistenza alla coniuge ed ai tre figli minorenni, non essendo la
persona offesa in grado di provvedere alle molteplici esigenze di un nucleo familiare
composto di quattro unità.
Alla
stregua delle rappresentate emergenze probatorie, dunque, deve ritenersi che
l'impugnata pronuncia abbia fatto buon governo del quadro di principi che
regolano la materia in esame ove si consideri che, in caso di mancato pagamento
di quell'assegno, la tutela penale prescinde dalla prova dello stato di bisogno
dell'avente diritto e che l'incapacità economica dell'obbligato, intesa come
impossibilità di far fronte agli adempimenti fissati insede civile, deve essere
assoluta, integrando una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole
indisponibilità di introiti.
Nel
caso in esame, l'imputato non ha offerto alcuna dimostrazione di versare in una
situazione di assoluta ed incolpevole indigenza, sì da rendere materialmente
impossibile l'ottemperanza alle relative statuizioni civili.
In
tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, d'altronde, incombe
sull'interessato l'onere (nel caso in esame non soddisfatto) di allegare gli
elementi dai quali possa desumersi l'impossibilità di adempiere alla relativa
obbligazione, del tutto inidonee dovendosi ritenere, a tal fine, la
dimostrazione di una mera flessione degli introiti economici o la generica
allegazione di difficoltà.
Il
ricorso è inammissibile e il ricorrente è tenuto anche al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Lucia Izzo (da studiocataldi.it
del 5.10.2015)