Nel
caso in cui il valore della controversia dovesse essere manifestamente diverso
da quello presunto secondo il codice civile, per quanto riguarda la
liquidazione degli onorari a favore dell'avvocato che abbia prestato la propria
opera in un giudizio relativo ad azione revocatoria, tale valore si dovrà
determinare sulla base del valore effettivo della controversia. A sottolinearlo
sono stati i giudici della terza sezione civile della Corte di cassazione con
la sentenza n. 19520 dello scorso 30 settembre.
I
giudici di piazza Cavour hanno altresì tenuto in considerazione, nella sentenza
in commento, il tenore dei primi due comma dell'art. 6 del dm n. 127 del 1994,
che distinguono tra il criterio di determinazione degli onorari a carico del
soccombente ed il criterio di liquidazione degli onorari a carico del cliente,
sottolineando che è corretto in diritto il provvedimento impugnato che - sulla
base dell'apprezzamento in fatto del valore della controversia - ha escluso il
ricorso alle presunzioni del codice di rito. Non sarà perciò pertinente il
richiamo delle norme degli artt. 10 e 14 cod. proc. civ., sottolineando il
principio per il quale ai fini della liquidazione degli onorari a carico del
cliente ed a favore dell'avvocato che abbia prestato la sua opera in un
giudizio relativo ad azione revocatoria, vale il principio sopra menzionato.
Inoltre, secondo gli Ermellini, il superamento, da parte del giudice, dei
limiti minimi e massimi della tariffa forense nella liquidazione delle spese
giudiziali va a rappresentare una sorta di vizio «in iudicando» e, pertanto, è
necessario che nel ricorso per cassazione siano specificati i singoli conteggi
contestati e le corrispondenti voci della tariffa professionale violate, al
fine di consentire alla Corte il controllo di legittimità, senza dover
espletare un'inammissibile indagine sugli atti di causa (si veda da ultimo,
Cass. n. 22983/14). Rientra inoltre nel potere discrezionale del giudice di
merito la determinazione della misura degli onorari tra i minimi e i massimi
tariffari, sicché non è censurabile il provvedimento che, come nel caso
sottoposto all'attenzione della suprema corte, abbia applicato la misura media,
in relazione all'oggetto ed alla complessità della controversia.
Maria Domanico (da
Italia Oggi Sette del 19.10.2015)