Non ha nessun valore scriminante la
circostanza
che la donna non si opponga palesemente
ai rapporti sessuali
se l'autore ha consapevolezza del
rifiuto implicito
Con
la sentenza numero 42993/2015, depositata il 26 ottobre la Corte di Cassazione ha
ricordato che il delitto di violenza sessuale può essere integrato anche
attraverso una violenza idonea a porre la vittima in uno stato di soggezione,
disagio e vergogna, tanto da indurla ad assecondare le avances del molestatore
per evitare danni maggiori.
Così,
nel caso di specie, è stata confermata la condanna a quattro anni di reclusione
per il ricorrente, che aveva abusato della moglie (e maltrattato anche i
figli): la donna, infatti, aveva accettato le richieste a sfondo sessuale fatte
dal marito solo perché stanca, sfinita e impaurita.
In
sostanza, per la Cassazione,
la violenza e la minaccia vanno valutate utilizzando come riferimento non
criteri astratti ma circostanze concrete. Così, esse possono essere rilevanti
ai fini della configurazione del delitto di abusi sessuali anche nel caso in
cui si estrinsechino in una intimidazione psicologica idonea a influire
negativamente e condizionare la libera determinazione della vittima. Senza che
sia necessario che esse si protraggano anche nella fase esecutiva del
comportamento criminoso.
Di
conseguenza nessun valore scriminante può essere dato alla circostanza che la
moglie non si opponga palesemente ai rapporti sessuali se risulti provato che
l'autore aveva consapevolezza del rifiuto implicito, consapevolezza derivante
chiaramente dalle violenze e dalle minacce poste in essere precedentemente.
Oltretutto,
la Corte ha
ricordato che nella fattispecie in esame l'errore sul dissenso si sostanzia in
un errore inescusabile sulla legge penale e non può in ogni caso configurarsi
l'esimente putativa del consenso dell'avente diritto.
Valeria Zeppilli (da studiocataldi.it)