venerdì 20 novembre 2015

Più difficile avere giustizia per le vittime di malasanità


Secondo la proposta del governo 
sulla responsabilità civile dei medici

saranno i cittadini a dover provare 
di non aver avuto cure adeguate

La nuova legge proposta sulla responsabilità
 di medici e operatori sanitari 
non piace al Tribunale per i diritti del malato


Dal prossimo anno vedremo meno avvocati aggirarsi nei paraggi di asl e ospedali. E arriveranno i super periti da affiancare ai giudici perché non si ripetano più le sentenze contraddittorie che hanno contribuito ad alimentare il caso Stamina. Anche se destinata a suscitare polemiche è l’inversione dell’onere della prova, che dai camici bianchi passa ora alle presunte vittime di malasanità. E’ la legge sulla «responsabilità professionale del personale sanitario» che ieri sera ha ottenuto il via libera dalla Commissione Affari sociali della Camera e che ora, fanno sapere dal ministero della Salute, planerà direttamente nella legge di stabilità per entrare in vigore dal 1°gennaio prossimo.

UNDICI ARTICOLI 

In tutto 11 articoli che in buona misura raccolgono i contenuti del testo messo a punto a suo tempo dalla commissione consultiva istituita da Beatrice Lorenzin per mettere fine all’onda lunga delle cause in sanità. Circa 80 ricorsi al giorno, documenta l’Ania, l’associazione delle assicurazioni, per un totale di oltre 30mila l’anno, il 70% dei quali finisce nel nulla. Non senza lasciare ferite però. La prima è quella di spingere i medici verso la medicina difensiva. Che a volte fa prescrivere quel che non serve, per un costo stimato dallo stesso ministero in 13 miliardi l’anno. Ma d’ora in avanti si cambia. Prima di tutto per i medici dipendenti e quelli convenzionati la prescrizione verrà ridotta da 5 a 10 anni, in modo da rendere meno complessa la difesa del medico accusato di malasanità. Poi è prevista una fattispecie autonoma di lesioni ed omicidio colposo per i professionisti sanitari, che risponderebbero parzialmente solo per colpa grave in caso di imperizia. In altri termini verrebbero mitigate le pene per i camici bianchi in caso di condanna, visto che un errore in sala operatoria non può essere messo sullo stesso piano di chi provoca un incidente stradale perché guida in stato di ebbrezza. Non solo. In caso di morte o lesioni personali «è esclusa la colpa grave quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali». Insomma il medico che non esce dal seminato non dovrà più vedersela con giudici e avvocati. A favore delle vittime di malasanità c’è invece la possibilità di agire direttamente nei confronti dell’assicurazione.

ACCERTAMENTI TECNICI 

Ma lo doppia mossa che dovrebbe porre un freno alla cause in sanità è l’obbligo di ricorrere all’ accertamento tecnico e alla conciliazione preventivi prima di varcare l’aula di un tribunale, mentre dall’altro canto l’onere della prova passerebbe dal medico al cittadino, che se vuole fare causa dovrebbe dimostrare lui di aver subito un danno per negligenza o imperizia del dottore. Un ribaltone che ha già provocato l’irata reazione del Tribunale dei diritti del malato. «Un provvedimento scritto pensando più ai medici che hai cittadini», tuona il coordinatore Tonino Aceti. «Si fa ricadere l’onere della prova sul soggetto più debole, che quando è sotto anestesia -spiega- non può certo individuare le responsabilità del medico e che comunque ha difficoltà ad accedere alle informazioni, visto che anche le cartelle cliniche sono spesso incomprensibili e incomplete». La Lorenzin parla invece di «risultato storico e di svolta nella lotta alla medicina difensiva, che consentirà ai medici di lavorare in serenità e ai pazienti di veder tutelati in modo diretto i propri diritti». Mentre per il relatore Federico Gelli, responsabile sanità del Pd, «il cittadino avrà più certezze di ottenere gli indennizzi in tempi rapidi». La legge per le controversie civili e penali di natura sanitaria più controverse introduce poi di fatto un albo dei superperiti ai quali i giudici dovranno attingere per le consulenze tecniche. Previsto infine un fondo di garanzia per le vittime di malasanità e l’obbligo di assicurazione per asl, ospedali e cliniche. I costi più elevati delle polizze hanno infatti spinto sempre più asl ad autoassicurarsi con l’accantonamento di fondi ad hoc, che l’Ania ritiene insufficienti a garantire rimborsi alle vittime di malasanità.


Paolo Russo (da La Stampa del 20.11.2015)