Un'avvocatura incapace di autoriformarsi
plaude al metodo Orlando
Il
XXXII Congresso Nazionale Forense sarà ricordato anche per l'inedita
suddivisione dei partecipanti in delegati (con diritto di accedere alla sala
principale e di seguire dal vivo i lavori della assise) e congressisti (senza
questo diritto ma, ahimè, con il medesimo obbligo di versare la quota di
iscrizione). Una disparità di trattamento figlia di qualche approssimazione
organizzativa che ci auguriamo non si ripeterà più.
Il
Congresso, inoltre, ha definitivamente sancito la incapacità della categoria di
autoriformare la sua rappresentanza politica: non una delle mozioni statutarie,
che prevedevano nuove modalità di elezione dell'organismo unitario in
attuazione dell'art. 39 della Legge professionale, ha raggiunto il quorum
necessario e, dunque, nessuna di queste modifiche è stata approvata.
C'è
da chiedersi se questo esito sia l'epilogo scontato della lunga fase di
avvicinamento al Congresso, caratterizzata dagli sforzi di delineare un nuovo
assetto dell'organismo che, comportando una cessione di sovranità da parte di
tutte le componenti dell'avvocatura, forse non conveniva a nessuno.
Il rinnovato rapporto con Via Arenula
Infine,
il Congresso di Venezia ha definitivamente ricucito lo strappo nei rapporti tra
l'Avvocatura ed il Ministero ed ha premiato quel metodo del dialogo che ha la
sua massima espressione nella costituzione dei numerosi tavoli tecnici presso
il Dicastero della giustizia ed il massimo sponsor nell'attuale Ministro.
Però,
a riflettori oramai spenti e volendo fare un consuntivo, il vero protagonista
di questo Congresso è stato il Ministro Orlando, non tanto per i numerosi
applausi che hanno scandito il suo intervento quanto per
"l'applauso", il più lungo: quando gli è stato chiesto se erano vere
le voci che lo davano in partenza da via Arenula per altri incarichi, il
Guardasigilli ha diplomaticamente risposto che ha l'abitudine di terminare il lavoro che ha cominciato.
Il
teatro è letteralmente esploso in un lunghissimo e fragoroso applauso, a
testimonianza della necessità che le riforme, perchè non siano vissute come un
corpo estraneo, hanno bisogno di politici disposti ad ascoltare e che sappiano
trovare i giusti bilanciamenti.
Pertanto,
sarebbe davvero grave se si impedisse all'Onorevole Orlando di proseguire in
questa direzione sol perché il metodo dell'attuale Ministro della giustizia non
sarebbe gradito al Presidente del Consiglio ovvero perché un avvicendamento al
vertice del Ministero sarebbe funzionale al sempre attuale "manuale
Cencelli".
Giuseppe Sileci (da
ilsole24ore.com del 14.10.2014)