Trib. Brescia, sez. lavoro, ord.
7.10.2014 n° 918
Il
Tribunale di Brescia, con ordinanza 7 ottobre 2014 ha dichiarato
ammissibile il deposito telematico della memoria di costituzione e, dunque, rituale
la costituzione in giudizio del convenuto/resistente avvenuta con tale modalità
di trasmissione dell’atto.
La
recentissima ordinanza contraddice – con argomenti pienamente condivisibili –
il diverso orientamento giurisprudenziale che sembrava andarsi consolidando
presso diversi Tribunali (sul punto vedi Tribunale Foggia, decreto 10 aprile
2014; Tribunale di Padova, ordinanza 1° settembre 2014, su questo sito con nota
di Maurizio Reale; Tribunale Pavia, ordinanza 22 luglio 2014; Tribunale Torino,
ordinanza 15 luglio 2014).
E’
opportuno premettere che presso il Tribunale di Brescia, con Decreto emanato in
data 21/02/14, ai sensi dell’art. 35, comma 1, D.M. 44/11, dal Direttore del
DGSIA (Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati DEL Ministero
della Giustizia), è stata attivata, a decorrere dal 1/03/14, la trasmissione
telematica di vari atti processuali nei procedimenti di contenzioso civile ed
in materia di lavoro, tra cui anche la comparsa di risposta.
Tuttavia,
il ragionamento del giudice del lavoro bresciano prescinde da tale circostanza
ed, anzi, espressamente contesta la soluzione del problema suggerita dalla
circolare del Ministero della Giustizia 27 giugno 2014 sugli adempimenti di
cancelleria, che subordina l'ammissibilità del deposito telematico degli atti
introduttivi del giudizio proprio all'esistenza di "un provvedimento
ministeriale per l'abilitazione alla ricezione degli atti introduttivi e di
costituzione in giudizio".
Il
Tribunale di Brescia nega che possa essere riconosciuto alla DGSIA il potere di
attribuire una facoltà processuale, visto che l'art. 35 citato si limita ad
attribuirle il potere di decretare "l'attivazione" di un servizio,
ossia della "trasmissione dei documenti informatici" da parte dei
soggetti esterni (previa verifica dell'idoneità delle attrezzature e della
funzionalità dei servizi), anche perchè – come la stessa circolare citata
afferma – “la decisione sulla validità del deposito involge questioni di natura
processuale e non già di natura tecnica”.
E,
dunque, a differenza di quanto ritenuto in altri precedenti (v. ordinanza
citata Trib. Padova 1° settembre 2004), la soluzione del problema, secondo il
Tribunale di Brescia, va rinvenuta nei principi generali del nostro sistema
processuale civile e nei principi affermati dalla Cassazione in fattispecie, se
non analoghe, quanto meno assilmilabili a quella in esame.
Il
richiamo chiaro è ai principi espressi da Corte di Cassazione SS.UU. Civili
nella sentenza 4 marzo 2009, n. 5160, con riferimento alla questione della
validità della costituzione in giudizio mediante invio dell’atto e del
fascicolo a mezzo posta.
Nel
risolvere il contrasto di giurisprudenza insorto in seno alla Corte, le Sezioni
Unite hanno sposato l’indirizzo ermeneutico della Cass. civile sez. III,
ordinanza n. 12342/2008, secondo cui “la deviazione dallo schema legale nella
fattispecie è valutabile come una mera irregolarità, in quanto non è prevista
dalla legge una nullità in correlazione a tale tipo di vizio e l’attestazione
da parte del cancelliere del ricevimento degli atti e il loro inserimento nel
fascicolo processuale integrano il raggiungimento dello scopo della presa di
contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario”.
Le
Sezioni Unite confermano, in definitiva, che non sussiste una radicale
difformità tra il deposito realizzato attraverso l’invio dell’atto per mezzo
della posta rispetto a quello effettuato mediante consegna diretta al
cancelliere, con la precisazione che il deposito potrà prendere efficacia solo
dalla data del raggiungimento dello scopo (art. 156, terzo comma, c.p.c.), e
cioè dell’(eventuale) concreta e documentata ricezione dell’atto da parte del
cancelliere ai fini processuali.
Analoghi
principi, secondo il Tribunale di Brescia, devono essere applicati alla
fattispecie sottoposta al suo esame, osservando che ciò che non è previsto non
può ritenersi per ciò solo vietato, stante il principio di libertà di forme
(art. 121 c.p.c.), ed avendosi riguardo al divieto di pronunciare la nullità di
un atto del processo se la nullità non è comminata dalla legge, e comunque mai
ove risulti accertato che l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato (art.
156 c.p.c.).
Ciò
premesso, il giudicante rileva che nel caso di specie tutti gli scopi a cui è
destinato l’atto processuale (la presa di contatto fra la parte e l'ufficio
giudiziario, difesa della parte, realizzazione del rapporto processuale con la
controparte) devono ritenersi raggiunti , stante l'accettazione dell'atto da
parte del cancelliere e l'acquisizione agli atti del fascicolo di parte,
visibile sia alle controparti che al giudice.
La
esauriente motivazione del giudice del lavoro di Brescia appare molto più
convincente di quelle dei precedenti contrari innanzi citati, già oggetto di
numerose critiche nei primi commenti della dottrina, e soprattutto può
costituire un importante impulso – quanto meno per le realtà più virtuose – per
tentare di raggiungere l'obiettivo della piena ed integrale informatizzazione
del processo, anche prima dei termini stabiliti dal legislatore.
(Da Altalex del
15.10.2014. Nota di Roberto D'Avossa)