di Daniele Minussi
Ipotizziamo
che Tizio abbia acquistato da Caio un'autovettura e che costui faccia invece
consegna di un carrello per il trasporto di animali vivi.
La
legge non prevede in modo espresso il caso (se non in relazione ai c.d.
"beni di consumo" di cui all'art. 129 del Codice del consumo (D. Lgs.
6 settembre 2005, n. 206 ) che contempla a carico del venditore l'obbligazione
autonoma consistente nel dover fare consegna di beni conformi al contratto ),
che potrebbe soltanto prima facie essere assunto sotto il meccanismo di tutela
della garanzia per i vizi della cosa venduta di cui agli artt. 1490 e ss. cod.
civ. (ovvero della mancanza di qualità promesse ex art. 1497 cod. civ. , la
quale, a propria volta, si differenzia dal vizio redibitorio: cfr. Cass. Civ.
Sez. II, 1839/82 ).
Come
appare evidente, non si tratta di semplici vizi (quali ad esempio la minore
superficie di un negozio, comunque idoneo ad essere fruito come tale: cfr.
Cass. Civ., Sez. II, 2858/2014), ancorchè di tale gravità da rendere la cosa
oggetto della vendita inidonea all'uso rispetto al quale era destinata; si
tratta, assai più radicalmente, di aver consegnato una cosa al posto di
un'altra, cioè di quella convenuta (c.d. aliud pro alio). Si pensi ad un
dipinto certificato come autentico, che si scopre successivamente come non
eseguito dal famoso pittore al quale l'esperto certificatore l'aveva ricondotto
(Cass. Civ. Sez. III, 4604/08 ).
L'esempio
fatto evidenzia questo aspetto in una misura invero plateale, ma la prassi ha
posto in luce casi nei quali la distinzione tra semplice difetto e aliud pro
alio non è così perspicua. Si pensi alla vendita di un appartamento e che,
successivamente al perfezionamento del contratto, questo si riveli privo delle
caratteristiche tipologiche atte a conseguire la licenza d'uso (già
abitabilità). Forse l'acquirente ha già preso visione del bene e l'ha già
trovato di proprio pieno gradimento, ma ignora (in quanto non ha le conoscenze
tecniche per stimare questi aspetti) che le finestre dei locali non soddisfano
i requisiti relativi ai rapporti di aeroilluminanza prescritti dalle normative.
In questo caso appare evidente che quando il venditore consegna esattamente il
bene oggetto della negoziazione non si tratta, a rigore, di aliud pro alio,
bensì di un bene affetto da vizi che lo rendono inidoneo all'uso (art. 1490
cod. civ. ) ovvero, in alternativa, mancante delle qualità promesse ex art.
1497 cod. civ. La giurisprudenza ha tuttavia introdotto in argomento il
criterio della funzione essenziale alla quale il bene assolve: ogniqualvolta
questa funzione non possa essere svolta (soprattutto a cagione di una
difettosità rispetto alle prescrizioni di legge o di regolamento), il vizio del
bene assurge al rango di elemento differenziatore tra quel bene ed un diverso
bene, idoneo ad assolvere allo scopo che le parti si sono proposte (cfr., in
materia di fabbricati ad uso di civile abitazione, Cass. Civ., Sez. II,
17707/11; Cass. Civ., Sez. II, 10756/11 nonchè Cass. Civ., Sez. II, 629/2014 (che
si riferiscono alla stipulazione di mero preliminare); Cass. Civ. Sez.II,
5202/07 ; Cass. Civ. Sez. II, 442/96 ; Cass. Civ. Sez. II, 6576/91 ; Cass. Civ.
Sez. II, 10616/90 ; Cass. Civ. Sez. II,
1376/79 ; Cass. Civ. Sez. II, 5448/78. Si veda anche Cass. Civ. Sez. II,
24957/07 che ha messo a fuoco come, in ogni caso, non si possa parlare di
nullità dell'atto di trasferimento della proprietà del bene privo delle
caratteristiche di abitabilità. In tema di vendita di veicoli i cui documenti
di circolazione risultino contraffatti, si veda Cass. Civ. Sez. II, 5963/96).
Il
criterio in considerazione è stato inoltre applicato anche in materia di
vendita di cose future: cfr. Cass. Civ. Sez. III, 2082/76 . Si tratta di un
orientamento palesemente volto a proteggere con maggiore intensità il
compratore, anche se non totalmente netto dal punto di vista logico, con
particolare riferimento alla distinzione tra le ipotesi di cui agli artt. 1490,
1497 e 1489 cod. civ. nota1.
Quali
sono le conseguenze dell'aver consegnato una cosa per un'altra? Non vengono in
considerazione, come detto, le norme relative alla garanzia per i vizi
(artt.1490 , 1491, 1492 , 1493, 1494, 1495 e 1496 cod. civ.). Il venditore che
abbia tenuto una siffatta condotta non potrà non essere considerato inadempiente
rispetto all'obbligazione di consegnare la cosa oggetto del contratto, con la
conseguente applicazione della normativa in tema di risoluzione per
inadempimento (artt. 1453 e ss. cod. civ.: cfr. Cass. Civ. Sez. II, 11117/90),
nonché di risarcimento del danno (azione, questa, la cui proposizione risulta
autonoma rispetto alla risoluzione: cfr. Cass. Civ. Sez. II, 1530/88 ) nota2.
La
cosa non è senza rilevanza soprattutto per quanto attiene alla disciplina della
prescrizione e della decadenza: mentre l'azione intesa a far valere i vizi è
qualificata dai brevi termini di cui all'art. 1495 cod. civ. (norma richiamata
anche dall'art. 1497 cod. civ. quando la cosa difetti delle qualità promesse o
essenziali), l'azione di risoluzione è invece soggetta all'ordinario termine
prescrizionale decennale nota3. Conformemente a tale opinione, è stato deciso
che la proponibilità dell'azione di risoluzione non è soggetta nè ai termini di
prescrizione e di decadenza propri della garanzia per i vizi, nè a quella per mancanza
delle qualità promesse (Cass. Civ. Sez. II, 14586/04).
(Da e-glossa.it del
3.6.2014)
Note
nota1
Soltanto in rari casi (risalenti fino alla fine degli anni
'70) il criterio della funzione è stato accantonato in favore di una
distinzione fondata sulla completa diversità tra quanto convenuto e quanto
consegnato: cfr.Cass. Civ. Sez. III, 1914/75. Secondo parte della dottrina
(Franceschetti-De Cosmo, I singoli contratti, Napoli, 1998, p. 87) quest'ultimo
criterio sarebbe più corretto, giacché il criterio della mancanza della
funzione economico-sociale crea solo confusione, facendo rientrare nella figura
dell' aliud pro alio fattispecie che più propriamente dovrebbero essere
disciplinate dall'istituto della garanzia per vizi o per mancanza di qualità. Ci
si troverebbe di fronte infatti propriamente ad un aliud pro alio solo qualora
venisse consegnata una cosa sostanzialmente diversa da quella che è stata
assunta come oggetto della prestazione del venditore (Mirabelli, Dei singoli
contratti, in Comm. cod. civ., libro IV, Torino, 1991, p. 97).
nota2
Ferri, La vendita in generale, in Tratt. dir. priv., diretto
da Rescigno, vol. XI, Torino, 1984, p. 246 e Rubino, La compravendita, in
Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, vol. XXIII, Milano, 1971,
p. 914. Una posizione particolare è invece assunta da Luminoso, I contratti
tipici ed atipici, in Tratt. dir. priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 1995,
p. 147, per il quale occorrerebbe distinguere le fattispecie in cui l'aliud pro
alio si caratterizza per la consegna di una cosa avente identità diversa
rispetto a quella pattuita da quelle in cui la difformità sarebbe dovuta alla
consegna di una cosa non avente la funzione economico-sociale della cosa
pattuita. Nel primo caso si tratterebbe di inadempimento del venditore (con
conseguente applicazione dei rimedi ordinari), nel secondo invece ci si
troverebbe di fronte ad un "risultato traslativo difforme da quello
programmato" con la possibilità di applicare estensivamente la disciplina
prevista dagli artt. 1479 e 1480 cod. civ.. In realtà non si vede come
differenziare le due ipotesi senza intravedere in entrambe un inadempimento
dell'obbligazione contrattuale di consegna della cosa. Tant'è che un eventuale
accettazione da parte dell'acquirente della cosa offerta dal venditore
determinerebbe una ipotesi di datio in solutum (Rubino, op.cit., p. 916).
nota3
Capozzi, Dei singoli contratti, Milano, 1988, p. 73.