mercoledì 15 aprile 2015

Paga mutuo e “sopravvive”, no mantenimento a moglie

Lui è un maresciallo della Finanza e guadagna poco più di duemila euro al mese. Lei, invece, lavora come operatrice in un call center. Lui abita nella casa coniugale. Lei paga un affitto di 900 euro al mese ed è collocataria dei figli. Chiara la disparità economica tra i due ex coniugi che dovrebbe far sorgere automaticamente il diritto al mantenimento per l’ex moglie.
Ma questo solo sulla carta.

L’uomo, infatti, paga il mutuo sulla casa comune per oltre 600 euro, versa un assegno di mantenimento mensile ai figli pari a 527 euro e rimborsa mensilmente 140 euro per un finanziamento precedentemente contratto.

Facendo due conti, dunque, l’assegno per la moglie, fissato dalla Corte d’appello in 400 euro mensili, non è poi così scontato, atteso che all’uomo rimarrebbero per vivere circa 300 euro al mese!

È questo il ragionamento seguito dalla Cassazione con sentenza n. 7053 dell’8 aprile 2015, la quale, bacchettando i giudici di merito ha ritenuto fondate le doglianze dell’uomo e cassato la sentenza d’appello con rinvio per un nuovo giudizio.

In particolare, hanno affermato i giudici della sesta sezione civile, ha errato la corte nell’omettere di considerare gli oneri economici sostenuti dal ricorrente, giustificando il riconoscimento dell’assegno soltanto sulla valutazione della situazione economica dei coniugi, senza tenere conto delle prove documentali prodotte dall’ex marito che dimostravano che il rispettivo reddito netto era gravato da spese tali (e, in primis, l’accollo totale del mutuo dell’appartamento acquistato in comproprietà con la moglie) da risultare insufficiente a far fronte alle esigenze della vita quotidiana.

È vero, dunque, che la disparità della situazione economica tra i due coniugi è uno dei fattori determinanti per far maturare il diritto all’assegno di mantenimento a favore di quello più debole, ma è anche vero, ha concluso la S.C., che nel porre a confronto entrambe le posizioni reddituali, è doverosa la valutazione, da parte del giudice, dell’incidenza degli esborsi sulla complessiva situazione patrimoniale, solo all’esito della quale potrà stabilirsi se ed in quale misura sorga il diritto alla corresponsione dell’assegno.


Marina Crisafi (da studiocataldi.it del 10.4.2015)