Restare
o abbandonare per non pagare i contributi? È la scelta che circa 50mila
avvocati, destinatari dell’obbligo di formalizzare l’iscrizione alla cassa
previdenza pur avendo un reddito minimo, dovranno compiere entro la fine di
giugno, a pena di cancellazione dall’albo.
Il
termine è quello dei 90 giorni successivi al ricevimento degli “avvisi” inviati
dalla cassa forense, tramite posta certificata, agli avvocati in regola con
l’albo ma non con la previdenza di optare per l’iscrizione all’ente o per le
liste Inps.
In
cinquemila hanno già gettato la spugna, secondo quanto dichiarato dallo stesso
presidente della cassa, Nunzio Luciano in un’intervista al Sole24ore
(“Intervista a Nunzio Luciano: «Opzione per la Cassa degli avvocati con reddito minimo»”). Ma
tale percentuale, vista la platea di 50mila non preoccupa l’ente previdenziale
che parla di “scommessa vinta” anche se le defezioni dovessero aumentare fino
alla fine di giugno.
L’obbligo
di iscrizione per gli avvocati all’ente previdenziale e del relativo pagamento
dei contributi, indipendentemente dalla capacità reddituale, si ricorda, è
stato fissato, con l’entrata in vigore del relativo regolamento attuativo in
vigore dal 21 agosto 2014, dall’art. 21, commi 8 e 9, della riforma forense (l.
n. 247/2012).
La
norma prevede, infatti, che l’iscrizione all’albo professionale comporti
l’iscrizione contestuale obbligatoria alla cassa nazionale di previdenza
forense e della corresponsione dei contributi previdenziali, a prescindere dal
reddito, a pena di cancellazione dall’albo stesso.
Per
chi è in possesso di requisiti minimi di reddito (inferiore a 10.300 euro
annui), il regolamento prevede pagamenti agevolati, pari a 700 euro l’anno
quale contributo soggettivo, in luogo dei 2.800 ordinari, un quarto cioè della
contribuzione minima.
Ma,
per contro, anche il trattamento previdenziale sarà proporzionale a quanto
versato, seppur è prevista la copertura nei casi di malattia grave o calamità.
Previste
anche rateizzazioni dei contributi e misure di microcredito, oltre al
monitoraggio dei fondi europei e a iniziative sul welfare.
Ma
a quanto pare tutto questo non basta e il prezzo da pagare è troppo alto
(considerato che alle quote previdenziali va aggiunta anche quella per l’albo
richiesta regolarmente dall’ordine), per quei 5.000 (salvo aumenti) costretti a
rinunciare ad esercitare la professione.
Marina Crisafi (da
studiocataldi.it del 2.4.2015)