martedì 18 novembre 2014

Struttura carente, primario responsabile se non trasferisce paziente

Cass. Sez. III Civ., Sent. 22.10.2014, n. 22338

In materia di responsabilità del medico, la Corte di Cassazione ha stabilito che sussiste la responsabilità del primario ospedaliero qualora, pur conoscendo le carenze organizzative della struttura dallo stesso diretta, ometta di trasferire il paziente in struttura idonea.

Nel caso in esame, una coppia di coniugi denunciava la negligenza dei sanitari e del primario della struttura sanitaria nella quale era nato il loro figlio. A causa di una non corretta attività dei sanitari e della conduzione del parto, il piccolo portava la lesione del plesso brachiale.

I coniugi, ricorrendo all’autorità giudiziaria, in proprio e per nome del figlio minore, richiedevano ai sanitari coinvolti nell’operazione del parto il risarcimento del danno subito.

La domanda era rigettata in primo e in secondo grado. I coniugi hanno proposto ricorso in Cassazione, deducendo come motivi di impugnazione, tra i vari, la violazione da parte della Corte d’appello delle norme sull’accertamento della responsabilità del medico e sulla diligenza dei sanitari e l’inadeguata motivazione della decisione con cui ha escluso la sussistenza sia del nesso causale, sia della colpa in capo ai sanitari convenuti.

La Corte di legittimità ha rilevato come la decisione impugnata sia erronea nella parte in cui, dopo aver affermato l’esistenza di deficienze organizzative nella struttura ospedaliera, ha escluso la responsabilità del primario.

Alcuni dei compiti fondamentali che è chiamato a svolgere il primario di una struttura ospedaliera sono il controllo e la vigilanza “sull’attività e sulla disciplina del personale sanitario, tecnico, sanitario ausiliario ed esecutivo assegnato alla sua divisione o servizio. [Il primario] ha la responsabilità dei malati, definisce i criteri diagnostici e terapeutici che devono essere seguiti dagli aiuti e dagli assistenti, pratica direttamente sui malati gli interventi diagnostici e curativi che ritenga di non affidare ai suoi collaboratori, formula la diagnosi definitiva, provvede a che le degenze non si prolunghino oltre il tempo strettamente necessario agli accertamenti diagnostici ed alle cure e dispone la dismissione degli infermi”,sulla base di quanto stabilito dall’articolo 7, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, (recante “Ordinamento interno dei servizi ospedalieri”).

Una varietà di compiti e funzioni, conseguenti alla posizione apicale ricoperta dal primario nella struttura presso la quale opera e che dirige.

In virtù di tale posizione, il medico è chiamato a svolgere le proprie funzioni con la diligenza richiesta dall’articolo 1176, comma 2, Codice Civile, e “poiché un primario diligente non avrebbe trascurato di impartire adeguate direttive al personale a lui sottoposto per gestire le emergenze, né avrebbe trascurato di informarsi sull’adeguamento di un parto che si preannunciava distocico”,i giudici di legittimità hanno concluso che la decisione impugnata violava l’articolo 1176 del Codice Civile e l’articolo 7 del Decreto del Presidente della Repubblica 128/1969.

La decisione era viziata da error in iudicando nella parte in cui trascurava il principio secondo cui “il medico, di fronte ad una situazione di urgenza, che non può essere adeguatamente affrontata con i mezzi di cui dispone la struttura ospedaliera in cui si trova ad operare, ha l’obbligo di disporre tempestivamente il trasferimento del paziente presso altra struttura, in adempimento del generale dovere di diligenza di cui all’articolo 1176, comma 2 del codice civile”.

La Cassazione ha accolto, dunque, il ricorso dei coniugi, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello in diversa composizione, definendo i seguenti principi di diritto che il giudice del rinvio dovrà applicare:

“Il primario ospedaliero risponde del danno derivato da un deficit organizzativo della struttura da lui diretta, ove non dimostri di avere adempiuto tutti gli obblighi a lui imposti dall’articolo 7 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, e cioè di essersi informato sulle condizioni dei malati, di aver impartito le necessarie istruzioni al personale, e di avere predisposto le direttive per eventuali emergenze”.

“È in colpa il medico che, al cospetto di un paziente le cui condizioni non possono essere adeguatamente gestite nella struttura ospedaliera in cui si trova, non si attivi per disporne l’immediato trasferimento in altra struttura”.


Lorenzo Pispero (da filodiritto.com del 17.11.2014)