Cass.
Sez. III Civ., Sent. 22.10.2014, n. 22338
In
materia di responsabilità del medico, la Corte di Cassazione ha stabilito che sussiste la
responsabilità del primario ospedaliero qualora, pur conoscendo le carenze
organizzative della struttura dallo stesso diretta, ometta di trasferire il
paziente in struttura idonea.
Nel
caso in esame, una coppia di coniugi denunciava la negligenza dei sanitari e
del primario della struttura sanitaria nella quale era nato il loro figlio. A
causa di una non corretta attività dei sanitari e della conduzione del parto,
il piccolo portava la lesione del plesso brachiale.
I
coniugi, ricorrendo all’autorità giudiziaria, in proprio e per nome del figlio
minore, richiedevano ai sanitari coinvolti nell’operazione del parto il
risarcimento del danno subito.
La
domanda era rigettata in primo e in secondo grado. I coniugi hanno proposto
ricorso in Cassazione, deducendo come motivi di impugnazione, tra i vari, la violazione
da parte della Corte d’appello delle norme sull’accertamento della
responsabilità del medico e sulla diligenza dei sanitari e l’inadeguata
motivazione della decisione con cui ha escluso la sussistenza sia del nesso
causale, sia della colpa in capo ai sanitari convenuti.
La Corte di legittimità ha rilevato come la decisione
impugnata sia erronea nella parte in cui, dopo aver affermato l’esistenza di
deficienze organizzative nella struttura ospedaliera, ha escluso la
responsabilità del primario.
Alcuni
dei compiti fondamentali che è chiamato a svolgere il primario di una struttura
ospedaliera sono il controllo e la vigilanza “sull’attività e sulla disciplina
del personale sanitario, tecnico, sanitario ausiliario ed esecutivo assegnato
alla sua divisione o servizio. [Il primario] ha la responsabilità dei malati,
definisce i criteri diagnostici e terapeutici che devono essere seguiti dagli
aiuti e dagli assistenti, pratica direttamente sui malati gli interventi
diagnostici e curativi che ritenga di non affidare ai suoi collaboratori,
formula la diagnosi definitiva, provvede a che le degenze non si prolunghino
oltre il tempo strettamente necessario agli accertamenti diagnostici ed alle
cure e dispone la dismissione degli infermi”,sulla base di quanto stabilito
dall’articolo 7, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo
1969, n. 128, (recante “Ordinamento interno dei servizi ospedalieri”).
Una
varietà di compiti e funzioni, conseguenti alla posizione apicale ricoperta dal
primario nella struttura presso la quale opera e che dirige.
In
virtù di tale posizione, il medico è chiamato a svolgere le proprie funzioni
con la diligenza richiesta dall’articolo 1176, comma 2, Codice Civile, e
“poiché un primario diligente non avrebbe trascurato di impartire adeguate
direttive al personale a lui sottoposto per gestire le emergenze, né avrebbe
trascurato di informarsi sull’adeguamento di un parto che si preannunciava
distocico”,i giudici di legittimità hanno concluso che la decisione impugnata
violava l’articolo 1176 del Codice Civile e l’articolo 7 del Decreto del
Presidente della Repubblica 128/1969.
La
decisione era viziata da error in iudicando nella parte in cui trascurava il
principio secondo cui “il medico, di fronte ad una situazione di urgenza, che
non può essere adeguatamente affrontata con i mezzi di cui dispone la struttura
ospedaliera in cui si trova ad operare, ha l’obbligo di disporre
tempestivamente il trasferimento del paziente presso altra struttura, in
adempimento del generale dovere di diligenza di cui all’articolo 1176, comma 2
del codice civile”.
La
Cassazione ha accolto,
dunque, il ricorso dei coniugi, cassando la sentenza impugnata e rinviando la
causa alla Corte d’appello in diversa composizione, definendo i seguenti
principi di diritto che il giudice del rinvio dovrà applicare:
“Il
primario ospedaliero risponde del danno derivato da un deficit organizzativo
della struttura da lui diretta, ove non dimostri di avere adempiuto tutti gli
obblighi a lui imposti dall’articolo 7 del Decreto del Presidente della
Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, e cioè di essersi informato sulle condizioni
dei malati, di aver impartito le necessarie istruzioni al personale, e di avere
predisposto le direttive per eventuali emergenze”.
“È
in colpa il medico che, al cospetto di un paziente le cui condizioni non
possono essere adeguatamente gestite nella struttura ospedaliera in cui si
trova, non si attivi per disporne l’immediato trasferimento in altra
struttura”.
Lorenzo Pispero (da
filodiritto.com del 17.11.2014)