Cass. Civ., ordinanza 20.7.2015, n.
15176
In
caso di sinistro stradale non può ritenersi assolto l’onere probatorio,
relativo al danno e all’effettiva riparazione dell’autovettura, mediante la mera
produzione della fattura emessa dall’autocarrozzeria.
Tanto
ha stabilito la Corte
di Cassazione, con l’ordinanza del 20.07.2015, n. 15176, che nega, pertanto, la
richiesta di pagamento della somma portata dalla fattura di riparazione
dell’autovettura, rimasta coinvolta in un sinistro stradale.
La vicenda giudiziaria.
La
carrozzeria D.G., quale cessionaria del credito di M.C.C., rimasto coinvolto
con la propria autovettura in un sinistro stradale, asseritamente causato da
B.E., deduceva di aver effettuato le riparazioni sull’autovettura di M.C.C.,
come da fattura di riparazione dell’importo di Euro 3.360,00.
Conveniva,
pertanto, nella sua qualità di creditrice-cessionaria, dinnanzi al Giudice di
pace, la compagnia di assicurazioni, chiedendone la condanna al pagamento della
somma indicata in fattura.
Nella
contumacia della compagnia di assicurazioni, la domanda veniva respinta sia in
primo che in secondo grado.
Contro
la sentenza d’appello, veniva proposto ricorso per cassazione, affidato a due
motivi, entrambi disattesi dalla Suprema Corte che, a mente degli artt. 375,
376 e 380 bis cpc, ha deciso la causa con ordinanza emessa in Camera di
Consiglio, sulla scorta dell’evidente infondatezza del ricorso, con condanna
della ricorrente al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso (raddoppio contributo unificato),
ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/2002, “Quando l'impugnazione,
anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o
improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa
impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà
atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo
precedente e l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”
(comma inserito dall’art. 1, co. 17,
L. 24/12/2012, n. 228).
La
ricorrente contestava la sentenza di rigetto resa in sede d’appello, nella
quale era dato leggere che dalla documentazione prodotta, in particolare dalla
fattura, non poteva ritenersi dimostrata l’entità dei danni che, in quanto
tali, non erano suscettibili neppure di liquidazione equitativa, ed insisteva sulla
circostanza che questi dovevano desumersi dalla fattura e dalla contestazione
amichevole di sinistro, dalla quale emergeva la responsabilità del conducente
il veicolo antagonista.
La
Suprema Corte,
tuttavia, è di contrario avviso considerato che: “la fattura non costituisce,
di per sé, prova del danno, tanto più che non è accompagnata da una quietanza o
da un’accettazione e che proviene dalla stessa parte che intende utilizzarla,
per di più nella qualità di cessionaria del credito”.
Ed
invero, già in precedenza, la medesima Corte ha avuto modo di specificare che
ben può la fattura commerciale assurgere a prova ma che, tuttavia, occorre che
la stessa debba quanto meno essere “accettata” ovvero “quietanzata”, evenienza
non riscontrabile nel caso di specie.
Tanto
è vero che: “La fattura commerciale non soltanto ha efficacia probatoria nei
confronti dell'emittente, che vi indica la prestazione e l'importo del prezzo,
ma può costituire piena prova nei confronti di entrambe le parti dell'esistenza
di un corrispondente contratto (nella specie, contratto di appalto per la
realizzazione di una scala all'interno di un immobile) allorché risulti
accettata dal contraente destinatario della prestazione che ne è oggetto”
(Cass. civ., Sez. II, 19/07/2011, n. 15832).
Peraltro,
viene affermato nell’ordinanza in commento, neppure la contestazione amichevole
di sinistro è idonea ad assolvere il predetto onere probatorio.
Ed
infatti: “L’ammissione di responsabilità contenuta nella contestazione
amichevole di sinistro, del resto, non può costituire prova dell’effettivo
svolgimento delle riparazioni; né trattandosi di esborsi, è ammissibile una
liquidazione in via equitativa” (Cass. civ., Sez. VI, 20.07.2015, n. 15176).
Per
come affermato dalla costante giurisprudenza della Suprema Corte, anche a
sezioni unite, la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di
constatazione amichevole del sinistro, resa dal responsabile del danno
proprietario del veicolo assicurato (litisconsorte necessario), non ha valore
di piena prova neppure nei confronti del solo confitente, dovendo essere
liberamente apprezzata dal giudice, trovando applicazione la norma di cui
all'art. 2733, co. III c.c., per cui, in caso di litisconsorzio necessario, la
confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti, al più, può essere
liberamente apprezzata dal giudice, ma non può assurgere a valore di prova
(Cfr.: Cass. civ., Sez. Un., 05/05/2006, n. 10311. Da Ultimo: Cass. civ., Sez.
III, 13/02/2013, n. 3567).
Paolo Accoti (da
studiocataldi.it)