martedì 23 giugno 2015

Tenuità del fatto e reati tributari, decidono le SS.UU.

Cass. Sez. III Pen., Ordinanza 20.5.2015, n. 21014 

La Sezione Terza della Corte di Cassazione ha rinviato alle Sezioni Unite la questione sull’applicazione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto nel giudizio di legittimità e sulla ammissibilità della stessa nei procedimenti riguardanti reati tributari.
Nel caso in esame, la Corte di Appello confermava la sentenza emessa dal Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale nei confronti di un soggetto, imputato del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, art.icolo10 ter (omesso versamento IVA), e condannato alla pena di mesi quattro di reclusione, convertita in pena pecuniaria.
Avverso tale sentenza, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione deducendo l’inosservanza della norma penale, per avere la Corte di merito omesso di tenere conto delle documentate difficoltà economiche affrontate dall’impresa, oltre che alla crisi del settore, e l’inosservanza della norma penale e della manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte di merito escluso l’applicabilità dell’attenuante prevista dall’articolo 62 Codice Penale n. 6  (riparazione danno), pur in presenza della rateizzazione del debito e del versamento puntuale delle rate maturate secondo il programma approvato dall’Agenzia delle Entrate.
All’udienza, in via preliminare, il difensore del ricorrente avanzava richiesta di applicazione del disposto di cui all’articolo 131-bis Codice Penale (“Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”), come introdotto dal Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28.
Poiché si trattava di motivi già sottoposti all’esame della Corte territoriale che li aveva valutati a fondo fornendo una risposta negativa, la Corte avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di inammissibilità del ricorso per genericità dei motivi in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale: “E’ inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici”.
La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è apparsa invece non infondata e meritevole di una trattazione sugli elementi principali di tale istituto.
L’articolo 131-bis si colloca nel titolo V Capo I del Codice Penale (“Della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione, applicazione ed esecuzione della pena”) e disciplina l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
Il Decreto Legislativo che ha introdotto tale articolo non contiene alcuna disciplina transitoria: per questa ragione la Corte ritiene necessario svolgere alcune considerazioni di tipo generale in stretto riferimento alla applicabilità di tale istituto.
La disposizione in esame va ritenuta di natura sostanziale sia per ragioni di ordine sistematico (la norma è inserita nel titolo V del codice penale che si occupa in generale della pena nei suoi vari aspetti applicativi e della sua esecuzione), sia per ragioni di carattere “formale” non disgiunte da altre di politica giudiziaria (non a caso il legislatore parla di “non punibilità” dell’autore del reato, laddove, se si fosse trattato di istituto di stampo processual-penalistico, sarebbe stato più logico parlare di “non procedibilità” nei confronti dell’autore del fatto-reato).
La stessa costituisce una causa di non punibilità “atipica”: nella bipartizione tra cause di non punibilità in senso lato ed in senso stretto la collocazione preferibile sembrerebbe all’interno del primo gruppo. Non va dimenticato che tale causa, per gli effetti negativi che produce per l’imputato (anzitutto la possibile rilevanza nei giudizi civili ed amministrativi ed, ancora, l’iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziale), esige il contraddittorio anzitutto con l’imputato, ma anche con la persona offesa.
Quanto ai limiti che la Corte di Cassazione può incontrare nell’operazione di verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle nuove disposizioni, la questione è se la Corte debba limitarsi ad una verifica sulla base delle emergenze rilevabili dalla sentenza impugnata ovvero se possa, o debba, adottare una pronuncia di annullamento (con rinvio).
Alla possibilità di un annullamento con rinvio nel caso di positiva verifica della sussistenza delle condizioni legittimanti l’applicabilità dell’istituto fa esplicito riferimento la Sentenza 15 aprile 2015, n. 15449, la prima a pronunciarsi su quest’istituto.
I giudici hanno ritenuto che la Corte di Cassazione dovrebbe procedere ad una valutazione in termini meramente astratti e con indicazione di linee guida per il giudice di merito, circa l’applicabilità dell’istituto e l’esame della meritevolezza della causa di non punibilità e, di seguito, una pronuncia di annullamento sempre e solo con rinvio, lasciando poi al giudice di merito il compito di valutare in concreto la praticabilità della soluzione invocata dalla parte che vi ha interesse. Si escluderebbe, in linea di principio, l’ipotesi di un annullamento senza rinvio.
È necessario, innanzitutto, valutare la tipologia del reato in relazione alla pena detentiva edittale massima prevista che non deve superare, sola o congiunta a quella pecuniaria, il limite dei cinque anni. La norma precisa che “non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale”. In quest’ultimo caso “si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69”.
Nel processo di valutazione rientrano poi due elementi: modalità della condotta ed esiguità del danno o del pericolo, i cosiddetti “indici-requisiti” da valutarsi alla stregua dei criteri indicati dall’articolo 133 Codice Penale (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato intensità del dolo o grado della colpa). A tali “indici-requisiti” si affiancano quelli che la stessa relazione definisce “indici-criteri” costituiti da: particolare tenuità dell’offesa e non abitualità del comportamento.
Il giudice è chiamato ad effettuare una specifica valutazione di meritevolezza verificando se sulla base dei due “indici-requisiti” (modalità della condotta ed esiguità del danno e del pericolo), sussistano i due indici-criterio (particolare tenuità dell’offesa e non abitualità del comportamento). L’esito positivo di tale operazione consentirà al giudice di considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne la punibilità.
Andranno valutati anche i precedenti “giudiziari” e non solo quelli sfociati in pronunce irrevocabili, mentre andrà valutata caso per caso l’incidenza di un precedente non della stessa indole (che in sé non dovrebbe assumere portata decisiva in termini negativi, così come i precedenti giudiziari per fatti non della stessa indole).
L’applicabilità dell’istituto nei giudizi di legittimità implica, in conclusione, delle valutazioni di merito, non disgiunte dalla necessità che ai vari soggetti interessati sia offerta la possibilità di interloquire, valutazioni precluse in sede di giudizio di legittimità.
Nei reati in cui potrebbe applicarsi tale istituto, in assenza di specifiche disposizioni di legge, parrebbe necessario includere anche i reati tributari, tenuto conto che laddove la soglia di punibilità (se prevista) non venga superata ci si troverà di fronte ad un “non reato”, mentre laddove il limite venga superato, si tratterebbe di valutare l’entità della offesa rispetto al livello di superamento della soglia.
Di conseguenza, la Corte di Cassazione dispone la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione, affinché si pronunci: sulla questione dell’applicabilità dell’articolo 131 bis Codice Penale successivamente alla proposizione del ricorso; sulla possibilità della stessa Corte di Cassazione di intervenire ex officio per valutare l’ammissibilità del nuovo istituto e la meritevolezza ai fini della contestuale applicazione; se tale giudizio debba in ogni caso essere espresso attraverso un annullamento con rinvio della sentenza impugnata ovvero possa farsi luogo ad un annullamento senza rinvio; se sia possibile l’applicabilità dell’istituto per i reati tributali per i quali è prevista la soglia di punibilità.

(Da filodiritto.com del 17.6.2015)