Cass. Sez. III Pen., Ordinanza
20.5.2015, n. 21014
La
Sezione Terza della
Corte di Cassazione ha rinviato alle Sezioni Unite la questione
sull’applicazione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità
del fatto nel giudizio di legittimità e sulla ammissibilità della stessa nei
procedimenti riguardanti reati tributari.
Nel
caso in esame, la Corte
di Appello confermava la sentenza emessa dal Giudice per l’Udienza Preliminare
del Tribunale nei confronti di un soggetto, imputato del reato di cui al
Decreto Legislativo n. 74 del 2000, art.icolo10 ter (omesso versamento IVA), e
condannato alla pena di mesi quattro di reclusione, convertita in pena
pecuniaria.
Avverso
tale sentenza, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione deducendo
l’inosservanza della norma penale, per avere la Corte di merito omesso di
tenere conto delle documentate difficoltà economiche affrontate dall’impresa,
oltre che alla crisi del settore, e l’inosservanza della norma penale e della
manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte di merito escluso
l’applicabilità dell’attenuante prevista dall’articolo 62 Codice Penale n.
6 (riparazione danno), pur in presenza
della rateizzazione del debito e del versamento puntuale delle rate maturate
secondo il programma approvato dall’Agenzia delle Entrate.
All’udienza,
in via preliminare, il difensore del ricorrente avanzava richiesta di
applicazione del disposto di cui all’articolo 131-bis Codice Penale
(“Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”), come
introdotto dal Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28.
Poiché
si trattava di motivi già sottoposti all’esame della Corte territoriale che li
aveva valutati a fondo fornendo una risposta negativa, la Corte avrebbe dovuto
pronunciare una sentenza di inammissibilità del ricorso per genericità dei
motivi in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il
quale: “E’ inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici”.
La
richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità
del fatto è apparsa invece non infondata e meritevole di una trattazione sugli
elementi principali di tale istituto.
L’articolo
131-bis si colloca nel titolo V Capo I del Codice Penale (“Della non punibilità
per particolare tenuità del fatto. Della modificazione, applicazione ed
esecuzione della pena”) e disciplina l’esclusione della punibilità per
particolare tenuità del fatto.
Il
Decreto Legislativo che ha introdotto tale articolo non contiene alcuna
disciplina transitoria: per questa ragione la Corte ritiene necessario svolgere alcune
considerazioni di tipo generale in stretto riferimento alla applicabilità di
tale istituto.
La
disposizione in esame va ritenuta di natura sostanziale sia per ragioni di
ordine sistematico (la norma è inserita nel titolo V del codice penale che si
occupa in generale della pena nei suoi vari aspetti applicativi e della sua
esecuzione), sia per ragioni di carattere “formale” non disgiunte da altre di
politica giudiziaria (non a caso il legislatore parla di “non punibilità”
dell’autore del reato, laddove, se si fosse trattato di istituto di stampo
processual-penalistico, sarebbe stato più logico parlare di “non procedibilità”
nei confronti dell’autore del fatto-reato).
La
stessa costituisce una causa di non punibilità “atipica”: nella bipartizione
tra cause di non punibilità in senso lato ed in senso stretto la collocazione
preferibile sembrerebbe all’interno del primo gruppo. Non va dimenticato che
tale causa, per gli effetti negativi che produce per l’imputato (anzitutto la
possibile rilevanza nei giudizi civili ed amministrativi ed, ancora,
l’iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziale), esige il
contraddittorio anzitutto con l’imputato, ma anche con la persona offesa.
Quanto
ai limiti che la Corte
di Cassazione può incontrare nell’operazione di verifica della sussistenza dei
presupposti per l’applicazione delle nuove disposizioni, la questione è se la Corte debba limitarsi ad una
verifica sulla base delle emergenze rilevabili dalla sentenza impugnata ovvero
se possa, o debba, adottare una pronuncia di annullamento (con rinvio).
Alla
possibilità di un annullamento con rinvio nel caso di positiva verifica della
sussistenza delle condizioni legittimanti l’applicabilità dell’istituto fa
esplicito riferimento la
Sentenza 15 aprile 2015, n. 15449, la prima a pronunciarsi su
quest’istituto.
I
giudici hanno ritenuto che la
Corte di Cassazione dovrebbe procedere ad una valutazione in
termini meramente astratti e con indicazione di linee guida per il giudice di
merito, circa l’applicabilità dell’istituto e l’esame della meritevolezza della
causa di non punibilità e, di seguito, una pronuncia di annullamento sempre e
solo con rinvio, lasciando poi al giudice di merito il compito di valutare in
concreto la praticabilità della soluzione invocata dalla parte che vi ha interesse.
Si escluderebbe, in linea di principio, l’ipotesi di un annullamento senza
rinvio.
È
necessario, innanzitutto, valutare la tipologia del reato in relazione alla
pena detentiva edittale massima prevista che non deve superare, sola o
congiunta a quella pecuniaria, il limite dei cinque anni. La norma precisa che
“non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la
legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di
quelle ad effetto speciale”. In quest’ultimo caso “si tiene conto del giudizio
di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69”.
Nel
processo di valutazione rientrano poi due elementi: modalità della condotta ed
esiguità del danno o del pericolo, i cosiddetti “indici-requisiti” da valutarsi
alla stregua dei criteri indicati dall’articolo 133 Codice Penale (natura,
specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione,
gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato
intensità del dolo o grado della colpa). A tali “indici-requisiti” si
affiancano quelli che la stessa relazione definisce “indici-criteri” costituiti
da: particolare tenuità dell’offesa e non abitualità del comportamento.
Il
giudice è chiamato ad effettuare una specifica valutazione di meritevolezza
verificando se sulla base dei due “indici-requisiti” (modalità della condotta
ed esiguità del danno e del pericolo), sussistano i due indici-criterio
(particolare tenuità dell’offesa e non abitualità del comportamento). L’esito
positivo di tale operazione consentirà al giudice di considerare il fatto di
particolare tenuità ed escluderne la punibilità.
Andranno
valutati anche i precedenti “giudiziari” e non solo quelli sfociati in pronunce
irrevocabili, mentre andrà valutata caso per caso l’incidenza di un precedente
non della stessa indole (che in sé non dovrebbe assumere portata decisiva in
termini negativi, così come i precedenti giudiziari per fatti non della stessa
indole).
L’applicabilità
dell’istituto nei giudizi di legittimità implica, in conclusione, delle
valutazioni di merito, non disgiunte dalla necessità che ai vari soggetti
interessati sia offerta la possibilità di interloquire, valutazioni precluse in
sede di giudizio di legittimità.
Nei
reati in cui potrebbe applicarsi tale istituto, in assenza di specifiche
disposizioni di legge, parrebbe necessario includere anche i reati tributari,
tenuto conto che laddove la soglia di punibilità (se prevista) non venga
superata ci si troverà di fronte ad un “non reato”, mentre laddove il limite
venga superato, si tratterebbe di valutare l’entità della offesa rispetto al
livello di superamento della soglia.
Di
conseguenza, la Corte
di Cassazione dispone la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite Penali della
Corte di Cassazione, affinché si pronunci: sulla questione dell’applicabilità
dell’articolo 131 bis Codice Penale successivamente alla proposizione del
ricorso; sulla possibilità della stessa Corte di Cassazione di intervenire ex
officio per valutare l’ammissibilità del nuovo istituto e la meritevolezza ai
fini della contestuale applicazione; se tale giudizio debba in ogni caso essere
espresso attraverso un annullamento con rinvio della sentenza impugnata ovvero
possa farsi luogo ad un annullamento senza rinvio; se sia possibile l’applicabilità
dell’istituto per i reati tributali per i quali è prevista la soglia di
punibilità.
(Da filodiritto.com del
17.6.2015)