Secondo il Csm la maggiore emergenza
denunciata dagli uffici giudiziari
è la inadeguatezza dell’assistenza.
Manca anche l’aggiornamento dei
dipendenti
Fermare
gli avanzamenti del Processo civile telematico. E prendere atto che ci sono
tali e tanti problemi infrastrutturali, che la digitalizzazione del processo
civile rischia di trasformarsi in un boomerang. È molto severo il Consiglio
superiore della magistratura. Dopo una attenta ricognizione, il Csm ha ammonito
il ministero della Giustizia che il Processo civile telematico, così com’è, non
va.
Certo,
l’idea è ottima. «È un innegabile elemento di modernizzazione del sistema
giudiziario e uno strumento irrinunciabile». Ma non si può fare finta che tutto
vada bene: il personale non è stato adeguatamente formato, i computer sono
spesso obsoleti, le linee sovraccariche. Il risultato è che «la promessa
velocizzazione delle cause ha indiscutibilmente fatto i conti con l’impiego di
risorse inadeguate in termini di hardware, assistenza tecnica e capacità di
tenuta delle linee».
Occorrono
soldi, insomma. E guarda caso, poche ore dopo la staffilata del Csm, il
ministero emette un comunicato per informare che «il ministro della Giustizia
Andrea Orlando ha firmato nei giorni scorsi il decreto di variazione di
bilancio».
Dal
Fondo unico giustizia (alimentato con le confische giudiziarie) arriveranno 30
milioni di euro per «lo sviluppo e implementazione del processo telematico
(19,53 milioni), il rafforzamento delle misure di sicurezza degli uffici
giudiziari (3 milioni), il potenziamento degli Uffici per la esecuzione penale
esterna (0,5 milioni), il miglioramento delle strutture penitenziarie (3
milioni) e l’ammodernamento degli automezzi destinati al trasporto dei detenuti
(2,5 milioni) nonché per garantire lo svolgimento delle missioni nazionali del
personale del Corpo di polizia penitenziaria (2 milioni)».
Con
19,5 milioni, insomma, il ministro Orlando corre ai ripari per salvare il
Processo civile telematico. La lista della spesa, in fondo, è quella del Csm:
«Occorrono non solo pc, scanner e video di dimensioni sufficienti», ma anche
stampanti veloci individuali e tutto ciò che serve per meglio gestire l’udienza
come «doppi monitor e tastiere aggiuntive».
Bisogna
mettere mano alla «lentezza delle reti e dei sistemi», se non peggio alle
«continue interruzioni nella fornitura dei servizi». Guai a sottovalutare la
manutenzione: «la maggiore emergenza» denunciata dagli uffici giudiziari è la «inadeguatezza
dell’assistenza», affidata a operatori esterni all’amministrazione, i cui
interventi sono «spesso del tutto intempestivi» rispetto alle richieste e «non
risolutivi». E poi serve personale giovane e all’altezza della sfida
tecnologica: è perciò «fondamentale» assumere «nuovo e qualificato personale
amministrativo», visto che il blocco del turn-over ha avuto l’effetto di
chiudere le porte ai giovani che hanno maggiore dimestichezza con le nuove
tecnologie.
Serve
poi l’aggiornamento dei dipendenti già in servizio per tutti i giudici civili.
In attesa di strumenti più evoluti, secondo il Csm va mantenuto il fascicolo
cartaceo come strumento «imprescindibile» per garantire al giudice lo studio
accurato degli atti e andrebbe rinviata la scadenza del 30 giugno per la
digitalizzazione (che per ora vale solo per i tribunali di primo grado) nelle
Corti di appello. Già, perché il responso è grave: «Si è ancora molto lontani
dalla creazione del fascicolo telematico pensato e voluto dal legislatore».
Francesco Grignetti (da
la stampa.it del 14.5.2015)