Cass.
Pen., sez. IV, sent. 6.3.2015 n° 9892
Secondo
la sentenza n. 9892/2015 della Suprema Corte, la notifica mediante posta
elettronica certificata è valida ed efficace, trattandosi di uno strumento di
comunicazione di atti ed avvisi a soggetti diversi dall'imputato previsto
direttamente dalla legge, per cui il destinatario dell'atto non può eccepire di
non aver letto il messaggio o di non averlo ricevuto per difficoltà tecniche o
malfunzionamenti della rete telefonica o telematica presso lo studio
professionale.
La
Suprema Corte affronta
per la prima volta la questione relativa alla validità giuridica e alle
conseguenti implicazioni discendenti dall’utilizzo delle nuove tecnologie, che
possono essere utilizzate anche per la comunicazione degli avvisi di fissazione
delle udienza ai difensori.
La
vicenda ha tratto origine dalla proposizione di un ricorso al tribunale del
riesame nell'interesse di un soggetto sottoposto a custodia cautelare in carcere
e indagato per gravi reati, la cui posizione veniva esaminata nel corso di una
udienza comunicata al difensore mediante posta elettronica certificata (PEC).
Il
ricorso veniva respinto dal Tribunale del riesame per la sussistenza di un
grave quadro indiziario e per la necessità di salvaguardare la collettività dal
pericolo di reiterazione del reato.
Avverso
tale decisione il difensore proponeva ricorso per cassazione, deducendo di non
aver avuto tempestiva cognizione della data di fissazione dell'udienza innanzi
al tribunale del riesame, di cui era venuto fortuitamente a conoscenza solo
quando si era recato presso la casa circondariale in occasione di un
interrogatorio fissato dal pubblico ministero.
Pertanto,
la difesa, avendo avuto la possibilità di conoscere la data di fissazione
dell'udienza di riesame solo il giorno prima, si era trovata nell'impossibilità
di partecipare consapevolmente alla trattazione del procedimento, senza poter
estrarre copia degli atti o redigere motivi scritti di cui aveva riservato la
produzione.
Ma
tale tesi, avanzata già in sede di merito, non ha convinto nemmeno i giudici
del riesame, i quali avevano rilevato che il difensore aveva tempestivamente
ricevuto la notifica della fissazione dell'udienza a mezzo posta elettronica certificata
e che era del tutto irrilevante ed infondata l'eccezione secondo la quale
nessuna comunicazione era pervenuta per contingenti problemi alla linea
telefonica o telematica dello studio legale.
L'esigenza
di semplificazione delle forme processuali involge i rapporti fra efficienza,
ragionevole durata del processo e forme di comunicazione in funzione
partecipativa.
Va
premesso che, in ossequio ai principi di adeguatezza e di semplificazione delle
forme e allo scopo di ridurre il cosiddetto formalismo legale, il codice di
procedura penale prevede procedimenti di notificazione alternativi rispetto
alla forme ordinarie di consegna o di spedizione: in tale contesto si colloca
la possibilità di ricorrere a nuovi mezzi di comunicazione e, quindi, gli artt.
148, comma 2-bis, 149 e 150 c.p.p., disciplinano l'impiego nel processo penale
(ai fini dell'attività notificatoria) di mezzi tecnici che garantiscono la
conoscenza dell'atto.
A
seguito della diffusione di nuovi mezzi di comunicazione di massa (Internet),
si è ritenuto di adeguare espressamente anche per il processo penale la
disciplina delle notifiche a un sistema più rapido di informazione, prevedendo
l'uso degli innovativi strumenti telematici.
La PEC ordinaria, in particolare, è "un sistema di
posta elettronica, nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica,
con valenza legale, attestante l'invio e la consegna di documenti
informatici" (ricevuta di avvenuta consegna) e che, di norma, permette di
attribuire al messaggio inviato per e-mail lo stesso valore di una raccomandata
con avviso di ricevimento tradizionale.
Per
avviare il processo di automazione del processo penale è stato approvato il
d.l. 29 dicembre 2009, n. 193 (conv. in legge 22 febbraio 2010 n. 24), recante
"Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema
giudiziario", il quale, all’art. 4, comma 2, ha previsto che nel
processo civile e nel processo penale, secondo le regole tecniche che verranno
previste da successivi decreti, le comunicazioni e le notificazioni sono effettuate
mediante PEC nei confronti di soggetti diversi dall’imputato.
In
questo caso, lo strumento telematico pare doversi considerare per espressa
volontà del legislatore come "mezzo tecnico idoneo" ai fini delle
notificazioni e degli avvisi ai difensori: da ciò consegue che il legislatore
ha previsto l'uso di tali mezzi tecnici per le comunicazioni, le notificazioni
o gli avvisi ai difensori quale sistema ordinario, generalizzato, alternativo
all'impiego dell'ufficiale giudiziario o di chi ne esercita le funzioni.
Tali
principi sono stati ribaditi dal recente art. 16 del d.l. 18 ottobre 2012, n.
179 (conv. in legge 17 dicembre 2012 n. 221), secondo il quale, per le
notifiche a persona diversa dall’imputato a mezzo PEC, “la relazione di
notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in
dotazione alla cancelleria”.
Dopo
aver esaminato la validità e il valore legale della notificazione a mezzo di
posta elettronica certificata, va puntualizzato se il destinatario possa
eccepire di non aver ricevuto la comunicazione o rappresentare altri elementi
idonei ad invalidare il procedimento comunicativo.
In
tal senso, l’art. 48 del d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82 (Codice dell'amministrazione
digitale) prevede che “La trasmissione del documento informatico per via
telematica, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla
notificazione per mezzo della posta. La data e l'ora di trasmissione e di
ricezione di un documento informatico sono opponibili ai terzi se conformi alle
disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio
2005, n. 68, ed alle relative regole tecniche”.
E’
importante sottolineare che, ai fini legali, il messaggio si considera
consegnato al destinatario quando è stato depositato nella sua casella di
posta, non essendo necessaria l’effettiva lettura dell’atto da parte del
destinatario: la procedura è assimilabile a quella della raccomandata
tradizionale consegnata in busta chiusa, che si considera ricevuta anche se chi
la riceve, ad esempio, dimentica o trascura di aprirla .
La
disciplina analitica della posta elettronica certificata è contenuta, comunque,
nel regolamento contenuto nel d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68; in particolare,
l’art. 4 prevede la validità agli effetti di legge della posta elettronica
certificata e, soprattutto, l’art. 3 sancisce che “il documento informatico
trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al
proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile
all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta
elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”.
In
base al successivo art. 6 del citato d.P.R., “il gestore di posta elettronica
certificata utilizzato dal mittente fornisce al mittente stesso la ricevuta di
accettazione nella quale sono contenuti i dati di certificazione che
costituiscono prova dell'avvenuta spedizione di un messaggio di posta
elettronica certificata; la ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente
prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente
pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il
momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i
dati di certificazione”.
Tanto
premesso, ben si comprende come potesse trovare poco spazio di manovra
l’eccezione difensiva secondo la quale l’avviso inviato tramite posta
elettronica certificata non era, in realtà, pervenuto al destinatario “alla
luce di contingenti problemi alla linea telefonica/internet dello studio legale
del difensore”.
La
Suprema Corte, nel
respingere l’eccezione, ha richiamato la giurisprudenza formatasi in materia di
mancata conoscenza del messaggio registrato nella segreteria telefonica,
laddove è già stato affermato che è irrilevante la mancata conoscenza del
messaggio, registrato nella segreteria telefonica del difensore designato
all'atto dell'arresto, a causa di vizi di funzionamento dell'apparecchiatura o
del mancato ascolto della registrazione, gravando sul difensore l'onere di assicurarsi
della perfetta funzionalità degli apparecchi di cui è dotato il proprio studio
professionale e di ascoltare le comunicazioni memorizzate (Cass. pen., Sez. Un,
sentenza n. 39414 del 30/10/2002, dep. 22/11/2002, Rv. 222554).
Per
la sussistenza di un analogo fondamento giustificativo, i difetti di ricezione
collegabili alla violazione di obblighi che incombono sul titolare dell’utenza
telefonica o telematica sono irrilevanti, per cui la notifica dell’avviso
dell’udienza deve ritenersi ritualmente effettuata.
(Da Altalex del
25.3.2015. Nota di Luigi Cuomo tratta da Il Quotidiano Giuridico Wolters
Kluwer)