Trib. Roma Sez. I Civile, ord.
1.7.2015, n. 13275
Il
Tribunale di Roma ha stabilito con due ordinanze rese in sede cautelare ed in
sede di reclamo, che la divulgazione di notizie o commenti lesivi alla
reputazione di un cliente moroso può considerarsi lecita e legittima qualora
ricorrano i requisiti della verità dei fatti esposti e se il cliente non è
riuscito a provare in cosa sarebbero concretamente consistiti i danni all’onore
e al decoro personale che assumeva di aver subito.
Nel
caso in esame, la società ricorrente chiedeva al Tribunale di Roma di inibire
la diffusione di contenuti ritenuti diffamatori ed offensivi della sua
reputazione commerciale, nonché a rimuovere l’argomento di discussione presente
sulla pagina Facebook di titolarità della controparte e che l’ordinanza
reclamata venisse riformata. Il tribunale rigettava la richiesta.
La
società reclamante esponeva che il rapporto commerciale tra le parti prevedeva
la prestazione di un servizio pubblicitario al fine di promuovere i servizi
comparativi della società a fronte di un corrispettivo per ogni preventivo
salvato dal cliente; che il rapporto commerciale era entrato in una fase di
criticità in quanto la partnership non aveva condotto ai ricavi sperati a tal
punto che la controparte aveva divulgato, all’interno di diversi social network
e blog, alcuni post volti a diffamare l’azienda con informazioni non veritiere
e lesive dell’immagine della società per tentare una più rapida azione di
recupero crediti.
Secondo
il Tribunale, l’ordinanza impugnata deve essere confermata in quanto le
dichiarazioni censurate costituiscono espressione del diritto di libera
manifestazione del pensiero, sancito dall’articolo 21 della Costituzione,
rappresentando espressione del legittimo diritto di cronaca e critica.
Inoltre,
afferma il Collegio: “Affinché la divulgazione di notizie o commenti lesivi
dell’onere e della reputazione di terzi possano considerarsi lecito esercizio
del diritto di cronaca/critica, devono ricorrere le condizioni della verità dei
fatti esposti”.
A
tal proposito, il Tribunale nella sua ordinanza dichiara che è emersa la verità
della notizia che consiste nell’inadempimento della società reclamante
all’obbligo di pagamento nei confronti della controparte derivante dal rapporto
commerciale intercorrente tra le parti.
Francesca Russo (da
filodiritto.com del 17.12.2015)